La casa ondeggia, ma la scossa è finta

Test antisismico in una palazzina disabitata di Sassa tra curiosi e operai divertiti

L’AQUILA. «Meno cinque, quattro, tre, due, uno...». C’è persino il conto alla rovescia stile Cape Canaveral qui a Sassa Nsi, una delle 19 aree del progetto Case dove si sperimenta, sotto la neve, il sistema antisismico. Bracci meccanici montati ai pilastri tentano di riprodurre una scossa catastrofica, tipo L’Aquila e Haiti. Claudio Moroni, il manovratore, seduto in cabina schiaccia il pulsante rosso e «fa» il terremoto. La giostra parte, la casa ondeggia. Gli operai ridono, gli scampati no.

«È UN’ALTRA COSA».
Tra coloro che raccolgono l’invito dello speaker a salire sulle scale («Attenti alla neve, si scivola») ci sono anche alcuni sopravvissuti al 6 aprile. Come Gianfranco Tafuro, ex arbitro di calcio, che appena sceso dalla «giostra» del terremoto dice: «La scossa che abbiamo vissuto il 6 aprile è stata tutta un’altra cosa». E come la biologa Alfredina Gargaglione che quella notte ha messo in salvo i suoi figli. «Vivo questo test con rabbia: le nostre case, quelle rifatte, saranno come queste? Credo di no: non ci sono i soldi per averle tutte così». Va bene per i tecnici, allora, l’esperimento sulle palazzine antisismiche, il sedicesimo della serie ma il primo avvenuto sotto gli occhi delle telecamere. Le potenti macchine, che applicano una forza massima complessiva pari a 440 tonnellate, spostano di 200 millimetri, a destra e a sinistra, un intero edificio che supera le 4mila tonnellate. Numeri da record. A battezzare i test Mauro Dolce, responsabile del procedimento del Progetto case, Gian Michele Calvi, l’inventore delle nuove case e Gaetano Manfredi presidente del consorzio Reluis.

IL TAPPETO VOLANTE. Tanta gente sui balconi e ai pianerottoli di una palazzina con 29 alloggi che verranno assegnati tra qualche giorno. Tutti pronti al «via». Quando il simulatore prova a rifare la scossa del 6 aprile sembra di stare su un tappeto mobile che va avanti e indietro. Non cade nulla, perché nelle case non c’è nulla. Non si sente nessun rumore, se non quello dei bracci che applicano le forze. Non va via la luce. Una, due, tre volte. La palazzina disabitata va avanti e indietro e poi torna al suo posto. A un certo punto si sente sghignazzare. Alcuni operai che quella casa l’hanno costruita la buttano a ridere. Chi scende, però, non ride. Per niente. E nemmeno chi guarda da lontano, come Luciano della trattoria San Biagio. «Per chi è passato sopra alle macerie è dura vedere una cosa del genere. Qua non è niente. E il boato? E i rumori della roba che si spezzava? E le grida della gente? Impossibile dimenticare».

MAL DI MARE. «Sembra quasi di avere gli effetti del mal di mare, ma senza quello sballottamento che contraddistingue le uscite nautiche». Dolce prova a descrivere così gli effetti della simulazione. «Impossibile provocare lo spostamento del terreno. Noi possiamo solo riprodurre gli stessi spostamenti che una scossa come quella dell’Aquila è in grado di realizzare. Si tratta di movimenti oscillatori come quelli di un’altalena ma è importante rilevare che all’interno di un appartamento gli oggetti vengono spostati in maniera molto ridotta rispetto ad altre tipologie di avvitazione e questa è la forza del progetto Case». La sedicesima prova condotta in tre mesi, in cui sono stati testati 1440 isolatori, lo lascia soddisfatto. E sui cuscinetti antisismici degli appartamenti si può intervenire facilmente in termini di manutenzione e sostituzione. «Non saranno necessari molti interventi, stiamo parlando di acciaio inossidabile». E per il centro storico si punta su tiranti in acciaio e fibra di carbonio.

DIODATO NON SALE. C’è chi non sale, invece, quell’affollata scalinata di chi corre verso la scossa finta. Diodato Sponta, originario di Casamaina di Lucoli ma residente all’Aquila «zona fontana Luminosa: una casa da rifare da capo a piedi». Per lui, che nel sisma ha perduto la sorella Aurora, che aveva 73 anni, non è opportuno ricordare quella sera. Se ne sta in disparte con una borsa della spesa. È qui con un amico, che gli regge l’ombrello. «Il test? Fanno bene a fare le prove, visto tutto quello che è successo. Io abito qua vicino. Si sta bene. Il terremoto? Da quando vivo in queste case non l’ho più avvertito. Ma non ditemi di salire a sentire la scossa finta. Io, lì sotto, ci ho lasciato mia sorella».