La Chiesa fa incetta di terreni nel Fucino 

Operazioni in serie dell’Istituto per il sostentamento del clero: acquistati finora 130mila metri quadri di campi seminativi

AVEZZANO. La Chiesa investe nel Fucino. L’Istituto centrale per il sostentamento del clero sta facendo incetta di terreni seminativi irrigui: pezzo dopo pezzo, la campagna acquisti dell’Icsc ha portato finora ad accaparrarsi oltre 13 ettari (130mila metri quadrati) di terreni fucensi nei comuni di Avezzano, Celano, Luco e Ortucchio. E sempre nel campo dei terreni seminativi l’Istituto per il sostentamento del clero ha messo piede anche a Magliano de’ Marsi.
MA È POLEMICA. L’incessante avanzare della Chiesa nei campi del Fucino sta generando preoccupazioni e interrogativi tra gli addetti ai lavori. Ad accendere i riflettori sulla questione è il presidente di Confagricoltura, Fabrizio Lobene, che esorta l’Icsc a «stoppare la campagna acquisti», effettuata, in alcuni casi, «con prezzi superiori alla media. Il valore di mercato dei terreni del Fucino, in questi ultimi mesi, è stato intorno ai 1.600-1.800 euro la coppa (antica unità di misura che corrisponde a circa 622 metri quadri, ndc), alcuni acquisti dell’Istituto sono stati conclusi a oltre 2.000. Alcuni agricoltori non sono riusciti a esercitare il diritto di prelazione proprio per i prezzi più alti». Serpeggia molto malcontento, quindi, tra gli imprenditori agricoli del Fucino, per l’avanzata della Chiesa.
MERCATO A OSTACOLI. «Il mercato della terra nel Fucino è molto attivo», aggiunge Fabrizio Lobene, «le 800 imprese familiari del comprensorio cercano di accorpare i poderi con acquisti continui e permute per creare aziende idonee a produrre redditi adeguati a sostenere le famiglie coltivatrici». Gli acquisti di un soggetto non imprenditore, quindi, «ostacolano questa naturale evoluzione del sistema agricolo e impediscono l’esercizio ordinato del diritto di prelazione da parte di affittuari o confinanti. Nessun agricoltore è in grado in un solo anno di comprare tutta questa terra, mentre ci risultano altre trattative in corso. Occorre aggiungere che questo prezzo subisce un ulteriore incremento perché gli enti non commerciali devono pagare l’imposta di registro al 15%, al contrario degli imprenditori professionali che non vanno oltre il 2%».
L’APPELLO. Confagricoltura, quindi, lancia un accorato appello all’Istituto per il sostentamento del clero affinché «desista da quest’attività che», sottolinea Lobene, «se l’obiettivo è quello di ottenere rendite fondiarie necessarie a sostenere i preti, non appare neppure in linea con i canoni della buona amministrazione. I terreni sono fruttuosi se coltivati direttamente dalle imprese familiari coltivatrici che rappresentano oltre il 95% dei conduttori nel Fucino, dove sono poche le famiglie che posso vantare una proprietà di 12 ettari. Fuori da ogni fraintendimento», conclude il presidente di Confagricoltura, «l’Icsc sta svolgendo un’attività assolutamente lecita, tuttavia riteniamo che ci siano altre modalità per investire i propri patrimoni senza danneggiare i lavoratori della terra».
CHE COS’È ICSC? Si tratta di un organismo collegato con la Conferenza episcopale italiana (Cei) costituito in attuazione dell’articolo 21 delle Norme sugli enti e sui beni ecclesiastici approvate dalla Santa sede e dal governo italiano. Dal 1985, l’Istituto centrale per il sostentamento del clero opera a fianco degli istituti diocesani per assicurare il giusto sostentamento ai sacerdoti, garantire il supporto assistenziale e previdenziale e intrattenere i rapporti con le amministrazioni italiane.
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