La crociata del prete contro le bestemmie sul campo di calcio

Don Adriano Principe espone un cartello e avvisa i ragazzi: “Bottiglia buttata, partita saltata”: uso un linguaggio social

AVEZZANO. “Bottiglia buttata, partita saltata. Bestemmia udita, partita finita”. Meno di 140 caratteri di un cinguettio di twitter. Una semplicissima filastrocca cadenzata che ha avuto l’effetto del più imperioso regolamento su norme di comportamento da tenere durante le partite di gioco e ai margini del campo. A don Adriano Principe, parroco della chiesa di San Rocco, nell’omonimo quartiere di Avezzano, l’idea è venuta dopo aver constatato il misero fallimento del regolamento di una decina di punti che intendeva disciplinare la moralità, soprattutto verbale, dei comportamenti dei frequentatori del campetto di calcio attiguo alla chiesa. Rettangolo di gioco frequentatissimo dai giovani di Avezzano, ma anche dai giovani migranti residenti in città. Soprattutto dopo la chiusura del complesso sportivo di Cesolino, su via Roma, il campetto dell’ex via delle Industrie, è diventata meta di decine e decine di giovani ogni giorno. Si sa: quando il fervore agonistico sale alle stelle è allora che l’inibizione verbale scioglie la briglia. E giù con parolacce e bestemmie. Ma anche lancio di bottiglie e abbandono delle stesse a bordo campo. «Non ne potevo più delle lamentele degli abitanti dei vicini palazzi», spiega don Adriano, «peraltro il parco giochi frequentato da bambini, da genitori e nonni è proprio a due metri. E anche loro, i genitori e i nonni, spesso si sono lamentati per le urla non sempre innocue di qualche calciatore non proprio dedito alla blasfemia, ma diciamo senza quella continenza verbale necessaria a non suscitare la sensibilità di chi sta vicino». Ha rimuginato, insieme al suo fido assistente e custode della parrocchia, Mario, per qualche giorno sulla soluzione da adottare visto che il decalogo affisso all'ingresso del campetto e nel parco giochi nessuno l’ha mai preso in seria considerazione. Troppo prolisso: dieci minuti per leggerlo tutto. Scoraggiante anche per un archivista di professione, figurarsi per giovani impazienti di scendere in campo. «Già, proprio così», spiega il parroco originario di Collelongo ma da dieci anni alla guida della parrocchia avezzanese, «mi sono reso conto che non poteva funzionare, occorreva un’idea di impatto con un linguaggio immediato e sbrigativo. Insomma, ho cercato di immedesimarsi nei giovani e nella loro abitudine a comunicare con i social. Ho pensato a twitter a ai suoi 140 caratteri. Così mi è venuta l’idea».

I giovani sono stati colti in contropiede. Uno a zero, anzi due a zero per il parroco. E muti. Non hanno nemmeno chiesto spiegazioni del cartello esposto al cancellato, tanto sibillino e chiaro è apparso. Si sono adeguati. Tutti.

«Qualche parolaccia ogni tanto si sente», prosegue don Adriano, «ma, come dire, siamo nei limiti fisiologici dell’agonismo sportivo; del resto, anche i più compassati spettatori di calcio qualche volta si lasciano andare nei campi sportivi di tutto il mondo. Tolleriamo: ma non le bestemmie, quelle proprio no. Su questo non si transige: partita finita».

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