Le accuse all’avvocato: «Truffa da 55mila euro»

L’indagato avrebbe versato sul suo conto i soldi di una vendita all’asta e firmato una sentenza usando il nome di un giudice fallimentare di Bologna

AVEZZANO. Truffe per un totale di 55mila euro nei confronti di clienti e anche del tribunale di Avezzano. Sarebbero state accertate dalla Procura nel corso dell'inchiesta che ha portato all'arresto dell'avvocato avezzanese Gaetano Paluzzi, 52 anni, finito agli arresti domiciliari. Tra le accuse anche quella di peculato. L'episodio che ha portato all'arresto del legale, dopo un'indagine coordinata dal sostituto procuratore della Repubblica, Guido Cocco, e portata avanti dalla sezione di polizia giudiziaria della Finanza riguarda l'appropriazione di denaro di un'asta. In sostanza, secondo la tesi accusatoria, l'avvocato avrebbe intascato del denaro ricavato dalla vendita all'asta di un immobile mentre era consulente del tribunale. Dalla relazione del suo successore, nominato dal giudice in sostituzione dell'indagato, sarebbero emersi gravi indizi di colpevolezza. Paluzzi, secondo le Fiamme gialle, aveva ricevuto il mandato per la vendita coatta di un rudere pignorato, ma una volta incassati i soldi li avrebbe versati sul suo conto e, secondo la Finanza, anche spesi. Stando alle dichiarazioni dell’avvocato Domenicantonio Angeloni, difensore dell'arrestato, non sussisterebbe il reato di peculato poiché al momento della presunta appropriazione di denaro Paluzzi non era più incaricato di pubblico servizio. La seconda misura cautelare, emessa dal procuratore Maurizio Maria Cerrato, ha invece portato alla sospensione per due mesi e riguarda una truffa aggravata e un falso privato in atto pubblico. L'indagato, infatti, si sarebbe scritto da solo una sentenza del tribunale di Bologna firmandola a nome del giudice Ombretta Maria Salvetti per un processo che invece non è neanche incominciato. Poi aveva fatto credere ai suoi clienti che era riuscito a farsi dare il risarcimento danni dalla società finanziaria e di recupero crediti Finemiro. I clienti, soddisfatti per aver recuperato ben 250mila euro circa, hanno pagato volentieri una parcella di 20mila euro e senza batter ciglio hanno sborsato anche 30mila come spese di registrazione della finta sentenza. Alla fine, però, hanno capito che non avevano ottenuto niente e hanno denunciato l'accaduto. L'avvocato sarà ascoltato dal giudice Andrea Taviano nei prossimi giorni nel corso dell'interrogatorio interrogatorio di garanzia.

Pietro Guida

©RIPRODUZIONE RISERVATA