Pd, la fine di un’epoca

La vittoria del renziano Di Benedetto spacca la classe dirigente dem tra veleni e ripicche

L’AQUILA. «Stanotte la triade è finita». Il ritornello tra gli addetti ai lavori corre veloce di bocca in bocca. Un uomo organico al centrodestra, mescolato in mezzo a quelli del Pd che fanno festa attorno ad Americo Di Benedetto, fresco vincitore delle primarie, dà il titolo al colpo di scena delle consultazioni democratiche. Lo pensano tutti. Il ribaltone renziano, che travolge Pierpaolo Pietrucci, allievo prediletto di Giovanni Lolli – in un contesto di partito che pure ha votato Orlando segretario nazionale, e non certo l’ex premier – dall’altra parte della barricata, ma anche nell’immancabile opposizione interna, viene percepito come la fine di un’era. In tanti aspettavano questo momento. Cioè di rimettere un moderato – cresciuto all’ombra politica del conterraneo senatore e sottosegretario della Democrazia cristiana Achille Accili – a Palazzo Margherita. Dopo 24 anni trascorsi tra comunisti e post-comunisti (Centi e Cialente), missini e post-missini (Tempesta).

LA TRIADE. Eppure, sia Lolli sia il sindaco Massimo Cialente sia la senatrice Stefania Pezzopane si spendono in larghi sorrisi e parole al miele nei confronti del presidente della Gran Sasso acqua spa, stazione appaltante di una maxi-commessa per 80 milioni da impiegare nella realizzazione dei sottoservizi. E ora candidato a salire su un’altra poltrona. Tutti e tre, quelli della triade, fanno festa a Di Benedetto e consolano lo sconfitto. Ma certamente, dietro ai sorrisi e alle frasi rituali, la spaccatura evidenziata dalle primarie è destinata a lasciare sul campo vari feriti.

RIFONDAZIONE DC. In tema di benedizioni, la prima l’amministra solennemente, sulla folla plaudente dell’hotel Castello, il presidente del consiglio comunale Carlo Benedetti, che viene dai Comunisti italiani di Cossutta e le primarie non le voleva fare. Benedetti parla di «Rifondazione Dc» e ora chiede al Pd, e soprattutto a Di Benedetto, di spiegare da che parte vuole stare. Cioè di circoscrivere il perimetro entro il quale saranno ricomprese le liste della coalizione civico-progressista, che oggi va dai Cattolici democratici a Rifondazione e domani chissà.

DOMANDE SCIOCCHE. Così la senatrice Pezzopane, capolista in assemblea nazionale per la mozione Renzi (con lei Antonio De Crescentiis, Lorenza Panei e Mario Mazzetti) liquida i commenti sulle truppe cammellate del centrodestra avvistate ai seggi, con tanto di padri nobili del conservatorismo ante litteram. E di imminenti candidati a destra come Luigi Di Luzio. E ancora, altri storici fan di De Matteis (tutti in lista Mpa nel 2012) come Antonello Passacantando, Corrado Ruggeri, Elia Serpetti arrivato da Arischia con un folto gruppo di supporter. Insomma, il Pd si allarga al centro. C’è chi rispolvera l’asse Lombardi-Ferrauto per puntare il dito contro l’esito dell’urna che ha sverniciato la sinistra.

I COSTRUTTORI. Ci sono elettori. E grandi elettori. I primi hanno premiato Pietrucci nelle roccaforti rosse di Collebrincioni (62 a 35), Coppito (410 a 224), Sassa (267 a 194), Roio (173 a 131). Più in equilibrio Paganica (445 a 402). Nove i seggi a favore di Di Benedetto, ma il sostanziale testa a testa delle frazioni (bene a Preturo, effetto Tonino Nardantonio, benino a Bagno, effetto Tonino De Paolis), la differenza vera l’hanno fatta i voti del seggio Ance. E non solo come luogo fisico. Pietrucci, già genero del precedente capo dei costruttori Gianni Frattale, che ha cordiali rapporti con Di Benedetto anche per via dei sottoservizi, è andato male, malissimo, al Torrione: ha perso 1226 a 787. Pezzi importanti di Ance, pezzi di Confindustria e piccole imprese, hanno fatto una scelta di campo. Si narra di operai edili portati al voto col pulmino a fine turno. La triade è finita, viva la triade. C’è chi giura, tuttavia, che rinascerà dalle sue stesse ceneri.

©RIPRODUZIONE RISERVATA