Prende l’epatite con la dialisi: risarcita 

Il tribunale impone all’Asl il pagamento di 100mila euro nei confronti di una paziente infettata dal virus Hcv

AVEZZANO. Rimane contagiata dal virus dell’epatite durante la dialisi eseguita all’ospedale di Avezzano a causa dei macchinari non sterilizzati, ma quando si accorge dell’accaduto, alcuni anni dopo, denuncia l’azienda sanitaria e ottiene un cospicuo risarcimento. Anche perché la sua malattia, nel frattempo, diviene cronica e irreversibile. L’Asl viene così condannata a un risarcimento di circa 100mila euro. È quanto accaduto a una donna di Avezzano, di 69 anni, rimasta contagiata, , nel corso degli anni Novanta, quando aveva intorno a 40 anni.
La paziente, infatti, in quel periodo era stata costretta a sottoporsi a trattamenti di emodialisi a causa della sua insufficienza renale cronica. Non pensava, però, che per curare una patologia sarebbe stata colpita da un’altra, probabilmente più grave. Durante queste terapie, secondo quanto emerso dagli accertamenti, dalle indagini e nel corso del processo, è stata contagiata irreversibilmente con il virus Hcv, cioè l’epatite C. A stabilirlo è stata una sentenza del tribunale di Avezzano emessa dal giudice Francesco Lupia.
Una volta accertate le cause del contagio è stato disposto, infatti, un risarcimento. Il giudice ha quindi condannato l’ente competente per la sanità marsicana, l’allora Usl Avezzano-Sulmona-Castel di Sangro, attuale Asl numero 1, a risarcire la malcapitata paziente con una somma di denaro che si aggira intorno ai 100mila euro. Nonostante i fatti risalgano agli anni Novanta, il danno è ancora attuale poiché, secondo il giudice, che ha accolto l’istanza del difensore della parte offesa, la donna avezzanese ha scoperto solo pochi anni fa, a seguito di mirati accertamenti, di essere stata affetta da epatopatia, ormai divenuta cronica e irreversibile. La tesi medico-legale sostenuta dall’avvocato Berardino Terra è stata poi confermata da una consulenza tecnica d’ufficio redatta dalla dottoressa Diana Gagliardi, nella quale veniva accertato che, dalle cartelle cliniche prodotte, non risultava neppure dimostrata la tipologia di sterilizzazione dei macchinari effettuata dai sanitari dell’ospedale. Secondo il consulente, probabilmente, l’infezione è stata veicolata dai macchinari dell’emodialisi per l’inefficienza della procedura di sterilizzazione oppure per un cattivo funzionamento degli stessi.
«Una delle tesi difensive dell’Asl», afferma Terra, «secondo cui il diritto al risarcimento del danno era ormai prescritto, è stata ampiamente disattesa dal giudice perché soltanto recentemente la paziente ha avuto la consapevolezza di quello che era accaduto».
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