Preti e suore senza alloggio

Il vescovo: tanti problemi, ma li stiamo affrontando.

L’AQUILA. Più di cento sacerdoti, una cinquantina di suore e una decina di frati. Anche per loro il terremoto ha portato disagi e problemi. Molti non hanno più un tetto. E chissà quando lo riavranno.
A dire il vero nemmeno l’arcivescovo Giuseppe Molinari ha ancora in città un tetto sotto cui dormire. E’ costretto ogni sera a tornare a Carsoli dove è ospite in un eremo. Gli uffici amministrativi della Curia, l’istituto di Scienze religiose e la stanza-studio del capo della diocesi sono invece a Pile in una struttura nata per ospitare un’azienda e che oggi, dopo una ristrutturazione, è diventata il cuore della Chiesa aquilana. In effetti la stanza di Molinari, se non fosse per una statua della Madonna di Lourdes e qualche immagine di Santi, sembra più quella di un manager che di un vescovo. Anche il clima che si respira tutt’intorno pare di frenetico efficientismo.

Il segretario don Alessandro Benzi non si ferma un attimo: telefonate da smistare, carte da far firmare, lettere da scrivere, appuntamenti da fissare. Arriva per un attimo don Luigi Epicoco, al quale è stata affidata la regia della ricostruzione delle chiese: è sempre informatissimo su tutto quanto sta accadendo ed è lui che mantiene i contatti con enti e protezione civile. A fianco a me, durante il colloquio con Molinari, c’è don Claudio Tracanna, il giovane parroco di Pizzoli con la passione per il giornalismo, passione che trova sfogo sulle pagine di Avvenire e nel settimanale «Vola» che dirige guardando molto ai problemi degli ultimi. «Ho telefonato questa mattina a don Giovanni Gatto» dice Molinari «fra qualche giorno andrò a Tempera, ma gli ho anche detto che gli sono stato e gli sarò sempre vicino». Don Giovanni è il sacerdote che due giorni fa, con una trovata che ha fatto il giro d’Italia (un manifesto funebre per convocare i fedeli alla messa domenicale) ha espresso in maniera forse un po’ folkloristica ma efficace, il disagio di tanti preti che sono da tempo senza chiesa e senza casa.

Qualcuno non nasconde l’insofferenza e una velata critica ai “superiori”: «Ma com’è che a noi non pensa mai nessuno?». Lo stesso problema ce l’hanno i religiosi. Ieri una delegazione di suore si è recata a parlare con l’arcivescovo per chiedere un interessamento affinché venga loro trovata una sistemazione provvisoria per l’inverno. «Però non è vero che non si sta facendo nulla» dice il vescovo «per i nostri preti stiamo cercando di trovare sistemazioni dignitose anche grazie alla Caritas, la protezione civile ha garantito che entro Natale molte chiese saranno di nuovo agibili». All’Aquila dovrebbero essere riaperte Cristo Re, Santa Rita in via Strinella, San Pietro di Coppito (si intende nella frazione di Coppito), San Vittorino. Sono già agibili San Pio X al Torrione e la chiesa di Pettino.

La Cei (conferenza episcopale italiana) ha promesso interventi per completare al più presto la chiesa di San Mario alla Torretta (che dovrebbe avere, per qualche anno, anche la funzione di Cattedrale), per una struttura a Paganica, un centro interparrocchiale a Collettara di Scoppito, una nuova parrocchia a Cansatessa. A un certo punto Molinari riceve la telefonata del sindaco Cialente. Il vescovo informa il primo cittadino di un progetto che è ai primi passi: quello di organizzare all’Aquila, ad agosto 2010, una giornata della pace con 50.000 giovani. E potrebbe arrivare anche papa Benedetto XVI. In tempi di terremoto sognare non solo è lecito, ma è quasi un dovere.