Ricostruito palazzo Ciavoli-Cortelli

Nell’edificio di via Roma abitò l’ammiraglio pontificio Colonna che vinse i turchi a Lepanto. Ora è tornato all’antico splendore

L’AQUILA. La mattina del 6 aprile 2009 un enorme cumulo di macerie riempiva il cuore di via Roma, rendendo impraticabile la strada. Le pietre sul terreno erano, in gran parte, quelle di palazzo Ciavoli-Cortelli, o meglio dell’ala dell’edificio che ospitava il dipartimento di Storia antica dell’Università. Era quasi impossibile riconoscere l’imponente struttura, gravemente ferita. La copertura non aveva retto al terremoto sgretolandosi come fosse gesso e portando giù la facciata e le antiche finestre di pietra bianca. Dagli enormi buchi nella muratura era possibile intravedere le sedie, le scrivanie e persino gli archivi con all’interno anni di ricerche di studenti e docenti dell’Ateneo del capoluogo. L’immagine del disastro. Un’immagine che ha fatto il giro del mondo. Forse nessuno avrebbe potuto scommettere allora che palazzo Ciavoli sarebbe mai tornato all’antico splendore. Eppure oggi, come in un rewind, quelle antiche pietre, schiantatesi a terra quasi sette anni fa, sono tornate dov’erano e hanno ricomposto il puzzle di uno dei palazzi più antichi della città, all’interno del quale è possibile rintracciare testimonianze fin dal Medioevo e che ha custodito per secoli, nelle proprie murature, anche tracce longobarde. Uno scrigno di storia e bellezza che verrà inaugurato martedì prossimo. A occuparsi personalmente del restauro, uno degli eredi della famiglia Ciavoli-Cortelli, l’architetto Roberto Di Paola, ex direttore regionale per i beni culturali e paesaggistici dell’Abruzzo, oggi proprietario di un’ala del palazzo, venduto in parte negli anni Settanta all’Università.

LA STORIA. «Palazzo Ciavoli- Cortelli, che si sviluppa tra piazza San Pietro e via Roma, copre un arco di tempo praticamente corrispondente a quello della città dell’Aquila: la sua storia comincia col Medioevo, ma nel 1500 ha conosciuto un periodo importante come residenza di Marcantonio Colonna, vincitore della battaglia di Lepanto per conto di Carlo V. Lui era arrivato all’Aquila con grande accoglienza e festeggiamenti grazie alla regina Margherita d’Austria, figlia naturale di Carlo V. Palazzo Ciavoli era a un passo, infatti, rispetto a quello di Margherita», spiega l’architetto. «È in questo periodo che il palazzo assume la sua forma quasi definitiva, con il cortile all’aquilana e la facciata in pietra».

IL GIGLIO. Nel 1703 il palazzo riporta danni significativi, ma è tra quelli che resistono al terremoto, come testimonierebbe il giglio con coda di scorpione che si trova sul capitello delle colonne riportate alla luce dopo i lavori di ristrutturazione, in uno dei cortili interni del palazzo, sul lato di piazza San Pietro. «Si tratta del giglio che venne assegnato, per così dire, ai palazzi che hanno resistito al terremoto del 1703 che aveva fatto danni terribili. Basti pensare che nella vicina chiesa di San Domenico erano morte circa 800 persone, insieme al vescovo, mentre pregavano per essere risparmiate dal sisma», continua Di Paola. «Le colonne erano state completamente murate negli interventi degli anni Settanta del secolo scorso per realizzare un appartamento. Sono venute alla luce finestre del 1400. È questo il primo impianto dell’edificio con testimonianze altomedievali. La zona è stata spesso l’epicentro dei terremoti e anche nel 2009 è stata particolarmente colpita».

I DANNI. «Con l’ultimo sisma è andata giù la facciata principale su via Roma, che apparteneva all’Università. Mentre l’ala privata del palazzo, infatti, era stata restaurata, quella affidata al pubblico non aveva subìto interventi prima del sisma», spiega l’ex soprintendente. «Sono crollate le coperture che erano in pessime condizioni, portandosi dietro metà palazzo. C’erano lesioni gravissime. Mi sono perciò attivato, non avrei potuto fare diversamente dopo 40 anni di esperienza come dirigente delle Soprintendenze. Ho curato il progetto e nel 2013 abbiamo iniziato i lavori, per circa 5 milioni, che hanno consentito di riportare il palazzo alle condizioni attuali. Ho dovuto affrontare 7 anni praticamente da solo e gli ultimi insieme all’impresa Italiana costruzioni».

IL RECUPERO. Il lavoro di ricostruzione è stato attento e meticoloso e ha previsto lo smontaggio e rimontaggio delle facciate. «È stato riportato tutto a livello delle volte del piano terra e poi ricostruito fino al soffitto», spiega Di Paola. «Un altro lavoro importante l’ha fatto la ditta Carnicelli che si è occupata del restauro delle pietre. Ha dovuto numerare tutti i pezzi lapidei delle finestre e dei portali, recuperati nelle macerie, restaurarli in laboratorio e rimontarli. È stato fatto, inoltre, un intervento antisismico . Alcune finestre sono state in parte integrate».

PIETRE LONGOBARDE. Riutilizzate all’interno delle murature di palazzo Ciavoli, sono state trovate pietre di epoca longobarda. «Non sappiamo se appartenessero inizialmente a questo sito o ad altri, ma senz’altro provenivano almeno da luoghi vicini», conclude Di Paola. «L’Aquila, insomma, probabilmente esisteva già in epoca longobarda». Un’altra testimonianza, non la prima, di una città precedente alla sua data di fondazione (1254), con cui dovranno fare i conti gli storici.

Michela Corridore

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