San Gregorio, un piano per ricostruire in sicurezza

ll lavoro, iniziato un anno fa, è stato affidato a un gruppo di professionisti Eseguita la mappatura del sottosuolo con indagini sismiche e geologiche

L’AQUILA. Un piano particolareggiato che dirà dove si può davvero ricostruire nella frazione di San Gregorio, pezzo per pezzo, nel centro storico come in periferia. Nulla è lasciato al caso nel lavoro di squadra avviato un anno fa dai cittadini di uno dei paesi che ha pagato al terremoto il più alto tributo in termini di distruzione e morti. Un lavoro partito da un presupposto: la frazione di San Gregorio è attraversata da una faglia «attiva e capace», come si legge nello studio di microzonazione sismica eseguito nel 2010 dal Dipartimento di Protezione civile. Studio che delineò a San Gregorio una fascia di attenzione che necessitava di indagini specialistiche «per definire geometria e attività dell’eventuale faglia e relativa fascia di rispetto». Una situazione che mille volte ha fatto sorgere un quesito nella testa dei residenti: ricostruire o no in un paese ad alto rischio sismico? La risposta è stata: se vogliamo ricostruire qui, nel luogo delle nostre radici, si deve procedere con il massimo della sicurezza, conoscendo cosa c’è sotto i nostri piedi, quali sono i punti fragili della frazione. Ma come fare, senza risorse e senza strumenti? Senza saperlo, i cittadini di San Gregorio e i tecnici impegnati nella ricostruzione hanno attuato un metodo molto vicino a quello del moderno «crowdfunding»: il finanziamento dal basso. Si sono rimboccati le maniche e hanno chiesto aiuto ai professionisti, creando un gruppo di lavoro che mette insieme progettisti e geologi incaricati dalla maggior parte dei consorzi (18 su 25 circa) del centro storico di San Gregorio e istituendo il «Rtp progettisti e geologi per San Gregorio» (raggruppamento di professionisti). Sono loro che hanno raccolto quante più risorse potevano e hanno svolto indagini sismiche che altrimenti, con i soli finanziamenti previsti per la ricostruzione, non sarebbero mai state trovate. È stata eseguita dunque un’indagine sismica, geologica e geotecnica (con la collaborazione dei ricercatori dell’Ingv) del terreno, e ora il sottosuolo di San Gregorio non nasconde più segreti. Se ne conosce la mappatura delle cavità antropiche sotterranee e le caratteristiche storiche, grazie alle indagini di paleo-sismologia. È adesso noto che nella frazione esiste una conoide, ossia un punto del terreno frutto di sedimentazione di materiale portato a valle dalle correnti d’acqua o dai torrenti, un grande accumulo di sedimenti riconoscibile perché a forma di ventaglio che non poggia su roccia e su cui sarebbe rischioso costruire. Ed è noto che il territorio è a macchia di leopardo: in uno spazio ristrettissimo si alternano punti di alto rischio e altri più stabili. L’indagine eseguita da tecnici e ricercatori dell’Ingv è stata recepita dal Comune dell’Aquila, che ne terrà conto per il piano di ricostruzione della frazione e che è un modello d’indagine che potrebbe essere esteso, come si legge nella delibera che riguarda l’attuazione del piano di ricostruzione di San Gregorio, anche a Paganica, Pettino, Arischia, Roio Poggio e Roio Piano. Altre località toccate da una faglia. E sarebbe un modo nuovo di procedere nella ricostruzione sicura di tutta la città e magari da mettere a disposizione del Paese. Una base di partenza per fare prevenzione vera. «È anche un modo per dire agli altri paesi dell’Aquila fate come noi», dice Alessandra Petrocco, tesoriere della onlus “San Gregorio rinasce”, l’associazione che mette insieme tutti i cittadini della frazione.

Marianna Gianforte

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