Il quartiere Santa Croce-Porta Barete

Santa Croce, 10 anni senza ricostruzione 

Dina Pelliccione, una delle residenti del quartiere che ha perso la casa: «Un lungo periodo di false illusioni e umiliazioni»

L’AQUILA. La ricostruzione e valorizzazione della zona di Santa Croce (davanti al Palazzo di Giustizia) dove si trova anche Porta Barete, è ormai una telenovela. Da area a breve (che quindi doveva essere tornata funzionale già da anni), sta diventando area “fine ricostruzione mai”. Gli ex residenti tra promesse, annunci, accordi svaniti nel nulla, scontri verbali con ex e attuali amministratori, si sentono ormai umiliati e sopraffatti. Tra qualche giorno il Comune, dopo 10 anni, dovrebbe rendere noto l'avviso per un concorso di idee per la sistemazione dell'area. Il che in soldoni significa che per ora non ci sono né idee e tantomeno progetti.
SI RIQUALIFICA. Le uniche certezze sono che il Comune vuole andare avanti nella riqualificazione dell'area e che i residenti (o ex residenti) ancora aspettano di sapere che fine dovranno fare.
Dina Pelliccione è una dei residenti, che alla notizia del Concorso di idee ha deciso di prendere una posizione pubblica su una vicenda che, suo malgrado, l'ha vista coinvolta. «Via Santa Croce fu individuata nel Piano strategico di ricostruzione come zona da riqualificare», sottolinea Dina Pelliccione, «certo, dopo una catastrofe come quella del 6 aprile 2009 era impensabile sperare di poter riavere la propria casa in tempi brevi, la bacchetta magica esiste solo nelle favole. Ora però le cose sono cambiate, come le persone, le loro vite, i loro sentimenti, il loro tempo. Sono trascorsi dieci anni, lunghi, intrisi di rabbia, speranza, disillusione, dolore».
IL DOLORE. «Dolore perché ti accorgi che non tutti i cittadini sono uguali, e non tutti gli esseri umani hanno gli stessi diritti. Si accetta il volere di chi amministra – anche se mai condiviso né tantomeno partecipato – di spostare la propria casa, di far parte di questa indispensabile e grandiosa riqualificazione che incoronerà Santa Croce come fiore all’occhiello di qualche urbanista in cerca di gloria, ci si piega e ci si prostra alle decisioni calate dall’alto: no, non basta. Chissà, vien da chiedersi, se davvero si vuole che Santa Croce diventi , da “area a breve” qual era, ad “area deserta”. Sì, perché in nome dell’ interesse di molti si è calpestato il diritto dei pochi, che poi pochi a dire il vero non erano».
Dina Pelliccione ripercorre la storia del calvario.
LA STORIA. «Quanti inviti, quante lusinghe, quanti solleciti sono stati insistentemente rivolti ai residenti di questo quartiere affinché andassero via per andare incontro all’interesse di molti. Però qualcuno non ha accettato, qualcun altro da deciso di resistere, altri se ne sono andati stremati dalla vana attesa e dall’ inconcludenza. Del Piano di riqualificazione, che comprendeva sette edifici, due sono stati stralciati, quindi graziati; uno si è dissolto, avendo gli inquilini deciso di uscire da questo percorso kafkiano, accettando case equivalenti e permute; negli altri palazzi qualche disobbediente è rimasto, costi quel che costi, guastando il sogno di chi lì voleva probabilmente solo parcheggi, negozi, panchine. Ma viene da chiedersi: per chi? Come si può ricostruire un tessuto sociale, un centro storico vivo e pulsante, se in quel centro non si riportano le persone? Chi siederà sulle panchine? Chi andrà a curiosare tra i negozi se, com’è tutt’oggi, è costretto a prendere la macchina, mentre prima usciva a piedi e finiva col comprare qualcosa, pur non avendone necessità?».
CASE SÌ, CASE NO. «Quando, lo scorso anno, è stata bloccata la possibilità di chiedere abitazioni equivalenti e permute, si è creduto che finalmente si potesse cominciare a fare un progetto, al netto delle famiglie che avevano deciso di trasferire altrove le loro vite».
ENNESIMA ILLUSIONE. Ma secondo Dina Pelliccione si è trattato soltanto di un’illusione. «Sì, ennesima illusione, poiché all’improvviso sono stati riaperti i termini per chiedere una casa altrove, e i giochi sono ricominciati, rimettendo in discussione il numero effettivo delle case da ricostruire. Se si pensa che il Comune ha incaricato uno studio esterno di progettisti, i quali hanno elaborato sin dal 2016 il progetto unitario per metà quartiere; se si pensa che in un articolo giornalistico del 14 giugno 2016 è scritto che “il progetto unitario di riqualificazione di via Santa Croce è stato approvato”. Se si pensa alle file negli uffici, alle umiliazioni, alle risposte vaghe e prive di fondamento», continua Dina Pelliccione, «alle notizie sui media: tempo fa si leggeva che nell’arco di sette giorni si sarebbe dato il via al progetto di riqualificazione di via Santa Croce, cominciando a demolire. Ora si legge che verrà bandito un concorso di idee per progettare l’area».
SANTA CROCE, CHE CROCE! «Aveva ragione una nota figura dell’ufficio Pianificazione che, quando mi vedeva aspettare per elemosinare una minima informazione sul probabile destino di casa mia, esclamava : “Santa Croce, che Croce!”. E mentre la vita passa, con questi “giorni senza tempo”, ancora si leggono parole quali concorso di idee, ridisegnare. E finora? Si ricomincia, d’accordo, ma stavolta vorrei che qualcuno proponesse un concorso di idee per inventarsi la vita, quella di ogni giorno, quella senza la casa, quella che dovrebbe essere garantita a tutti, anche agli aquilani di Santa Croce».(3-continua)
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