Si vende l’ex zuccherificio Area divisa in venti lotti

L’imprenditore Ermanno Piccone: «Mi hanno messo troppi bastoni fra le ruote e sulla Powercrop solo chiacchiere. Perché non si parla di bonifica e amianto?»

AVEZZANO. È in vendita l’ex zuccherificio Saza di Avezzano, simbolo di un’altra epoca industriale. La decisione è stata presa dall’imprenditore celanese Ermanno Piccone, che detiene l’84% delle quote della società Rivalutazione Trara srl, proprietaria della vasta area nei pressi di Borgo Incile (l’altro 16% è dell’imprenditore pescarese Venceslao Di Persio). L’ex zuccherificio verrà venduto in lotti – una ventina – a prezzi ancora da stabilire. Dalla casa bietole al magazzino zucchero, fino alla distilleria e alla caserma della Guardia di finanza: in vendita anche tutte le vecchie strutture nell’area che si estende su 260mila metri quadrati, di cui 160mila coperti. L’ex zuccherificio Saza è finito anche al centro di inchieste (come quella sulla gestione dei rifiuti in Abruzzo) e polemiche (il caso Powercrop). Indagini che si sono sempre clamorosamente sgonfiate. «Ho deciso di vendere l’ex zuccherificio» sottolinea Piccone «perché ho avuto solo bastoni fra le ruote. C’erano diversi progetti per la valorizzazione dell’area, ma non abbiamo mai potuto fare niente. Si è accostata la vicenda dell’ex zuccherificio di Avezzano alla centrale a biomasse: solo chiacchiere, non ho mai conosciuto le persone della Powercrop. Perché nessun ambientalista parla dei nostri sacrifici per bonificare l’area da tonnellate di amianto?».

Lo stabilimento fu realizzato all’inizio del 1900 da una società italo-tedesca. Poi fu ceduto alla famiglia del principe Torlonia che diede vita alla Saza (Società anonima zuccherificio di Avezzano). Nel 1936 l’opificio trasformava la barbabietola in alcol. Nel corso dell’ultima guerra fu semidistrutto dai bombardamenti, mentre i macchinari furono trasferiti nel nord Italia dai tedeschi in ritirata. Poi riprese l’attività fino al 1978, quando la Saza venne messa in liquidazione con un decreto prefettizio. Scomparsa che fece finire lo stabilimento nelle mani del Consorzio delle cooperative della Marsica, mentre tra il 1998 e il 1999 la Saza cessò l’attività e iniziò il degrado della struttura.

Il 22 luglio del 2000 il ministero per i Beni e le attività culturali riconobbe gli “Edifici industriali dell’ex zuccherificio” di particolare interesse per l'archeologia industriale nella Marsica, apponendo così il vincolo. Ma per anni l’ex zuccherificio ha rappresentato solo il rifugio di centinaia di immigrati. Fino al sequestro per il pericolo amianto: nel 2003, in un documento del Ministero, veniva definito il sito più pericoloso d’Abruzzo. Fu venduto all’asta nel 2006 a un pool di cinque imprenditori, fra i quali Ermanno Piccone, per circa 3 milioni di euro. Gli altri investitori hanno già rinunciato. Ora ha deciso di mollare anche Piccone.

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