Tesoro di Ciancimino, 5 condanne 

Processo a Roma (da un’inchiesta nata all’Aquila) per tentativo di riciclaggio

L’AQUILA. Erano accusati di aver tentato di riciclare parte del “tesoro” di Vito Ciancimino, l’ex sindaco di Palermo (morto nel 2002) condannato per i suoi rapporti accertati con la mafia corleonese e per corruzione. Per l’accusa di tentativo di riciclaggio, la nona sezione del tribunale di Roma ha pronunciato una sentenza di condanna nei confronti di cinque persone. Si tratta di Romano Tronci, Sergio Pileri, Victor Dombrovschi, Raffaele Valente, Nunzio Rizzi.
In particolare, Tronci e Pileri, imprenditore originario di Rieti e residente in Romania, sono stati condannati a cinque anni di reclusione e 3.600 euro di multa ciascuno. All’imprenditore romeno Dombrovschi e all’imprenditore originario di Termoli e residente in Montenegro Valente sono stati inflitti 4 anni e mezzo di reclusione e 3.000 euro di multa. L’imprenditore Rizzi, è stato condannato infine a 3 anni e mezzo di reclusione e 2.000 euro di multa.
Il processo è scaturito dagli esiti di una maxi-operazione avviata dalla Direzione Distrettuale Antimafia dell’Aquila nel 2001, che ha visto gli investigatori italiani collaborare con i colleghi rumeni grazie all’intervento anche di Eurojusted Interpol.
In particolare, gli investigatori del Noe di Pescara, che stavano indagando sulle infiltrazioni della criminalità organizzata nella fase della ricostruzione del post-sisma del 2009 in Abruzzo, ritennero di avere individuato alcuni imprenditori che erano stati avvicinati per effettuare investimenti in Romania. Lo sviluppo delle indagini, a suo tempo coordinate dal “capitano ultimo” Sergio De Caprio, portò a scoprire l’avvio di una complessa compravendita della società di diritto rumeno Ecorec (gestore della discarica di Glina, la più grande d’Europa in attività) – per un importo di 60 milioni – a una holding lussemburghese, con l’intento di evitare eventuali confische disposte dall’autorità giudiziaria italiana che, alla ricerca dei capitali riferibili a Cosa Nostra, aveva ritenuto di aver trovato tracce del reimpiego di una parte consistente del famoso “tesoro” in Romania, investiti nel settore dei rifiuti. In seguito, il fascicolo processuale fu trasferito per competenza a Roma.
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