Zonfa: «Paura nell’inferno di Istanbul»

Lo chef era in Turchia il 3 marzo (giorno dell’attentato) perché testimonial in una rassegna culinaria

L’AQUILA. «Sirene spiegate, traffico impazzito, controlli ovunque». Lo chef stellato della Magione Papale, William Zonfa, era a Istanbul lo scorso 3 marzo, durante l’attentato a colpi di arma da fuoco e granate contro una stazione di polizia in un sobborgo della città. «Non ero vicino alla zona dell’attentato», spiega lo chef appena tornato in città, di ritorno dall’ultima tappa del suo tour internazionale tra Tel Aviv e Istanbul, appunto, per portare la cucina italiana nel mondo, come testimonial del pastificio Rustichella d’Abruzzo. «Solo diverse ore dopo l’accaduto ci hanno riferito quanto era successo e dei due morti. Poi abbiamo visto in televisione le scene dell’attentato». A lanciare l’attacco, nel distretto di Bayrampasa, sulla sponda europea della città, due donne che hanno aperto il fuoco ferendo a un braccio un agente. Le due assalitrici sono poi scappate in auto e si sono rifugiate in un edificio, subito circondato dalla polizia. Sono state uccise nel blitz delle forze speciali. «Ci siamo resi conto della gravità della situazione soprattutto durante i controlli all’aeroporto, sia alla partenza a Istanbul sia all’arrivo a Roma» continua Zonfa. «In città a ogni albergo facevamo il controllo con il metal detector. Anche quando il taxi ci ha lasciato al parcheggio di Eataly hanno controllato la macchina». Lo chef della Magione papale, infatti, il 3 marzo, proprio durante l’attentato, ha tenuto uno show cooking nella elegante cornice di Eataly, la catena internazionale di punti vendita di medie e grandi dimensioni specializzati nella vendita e nella somministrazione di generi alimentari italiani di alta qualità. «A Istanbul ti accorgi subito di essere in una città in pericolo», racconta. «Lo percepisci nelle strade, tra la gente, all’aeroporto. Ovunque».

La Turchia vive da mesi in stato di allerta permanente dopo la serie di sanguinosi attentati che l’hanno colpita al cuore. Nell’ultimo, il 17 febbraio, nella capitale, Ankara, sono morte 29 persone: un’autobomba è esplosa mentre un convoglio composto da mezzi militari transitava vicino al quartier generale dell’aeronautica e al parlamento.

«Noi siamo ripartiti il giorno successivo all’attentato, il 4 marzo, venerdì, con un’ora di ritardo rispetto al previsto», conclude lo chef. «La paura era di non poter prendere l’aereo. Il viaggio è stato molto teso per tutti i passeggeri. Ma all’atterraggio non nego che lo spavento è stato molto forte: la polizia attendeva l’aereo in pista, a sirene e lampeggianti spiegati. Tutti i passeggeri sono stati controllati minuziosamente. Chi non aveva il passaporto italiano ha avuto ulteriori controlli. Un’esperienza dura, che mi ha segnato. Porto comunque nel cuore l’accoglienza e la disponibilità del popolo turco».

Michela Corridore

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