«A me, contadina, dissero: hai la mano di Van Gogh»

Mostra della pittrice naïf celebrata con Ligabue e ammirata da Zavattini «Disegnavo e lavoravo nei campi. Poi Giancarlo Giannini volle un mio quadro...»

TERAMO. «Sono nata con la passione di scarabocchiare. Da bambina scarabocchiavo sui vetri, sulla carta, sui muri col carbone, facevo bozzetti di terra. Anche da signorina mi piaceva disegnare, ma poi buttavo i disegni. Non pensavo a una cosa seria. Prima veniva il lavoro in campagna, una donna doveva badare alle pecore, fare la calza. Ma io facevo altro che la calza, cucivo i vestiti, ero brava a fare tutto. Dipingere non era da donne, ma era più forte di me». Soave e fiera al contempo, con un lampo birichino negli occhi, Annunziata Scipione, 86 anni compiuti a marzo, grande pittrice naïf, ammirata dal poeta pittore e cineasta Cesare Zavattini, ha raccontato di sé al Centro in occasione ieri della presentazione a Teramo della sua mostra antologica. L’omaggio all’artista di Azzinano di Tossicia, organizzato dall’associazione Big Match per la 5ª edizione di Notte d’Autore, proporrà una trentina di opere (tra quadri e sculture) nel museo archeologico Savini di Teramo dal 1° novembre all’8 dicembre. Opere prestate dall’autrice stessa, da collezionisti, e dal museo a lei intitolato e ospitato prima del terremoto del 2009 nel palazzo Marchesale di Tossicia.

Comune di Tossicia, Comune di Teramo, Fondazione Tercas hanno sostenuto la realizzazione della mostra della celebrata pittrice contadina, le cui opere sono in tutto il mondo e in particolare nel Museo nazionale Arti Naïves di Luzzara, accanto ai capolavori di Antonio Ligabue. «Sono stata tante volte a Luzzara, Zavattini amava tanto i miei quadri, li metteva sempre tra i grandi» ci ha spiegato la signora Scipione, accompagnata dal figlio Piero. Voce un po’ affaticata, testa lucidissima: «Ho sempre dipinto i miei ricordi, quello che conosco e ho vissuto, la campagna, i contadini, la vendemmia, le mucche, le pecore».

La vendemmia, l’uccisone del maiale, la trebbiatura e gli altri momenti del calendario agrario, i riti e mestieri del mondo contadino, il lavoro collettivo nei campi e in casa, il ciclo delle stagioni: i quadri densissimi di Annunziata Scipione, vere esplosioni di colori e dettagli, hanno fermato nel tempo lo spirito di un mondo in gran parte scomparso. Aveva già quarant’anni Annunziata quando un pittore di Tossicia che viveva a Roma la incoraggiò: «Nunziatì, ma qua c’è la mano di Van Gogh, comincia a dipingere su tela, mi disse. Mi venne da ridere, ma poi con mio marito Ettore andai a Montorio a comprare tele e colori a olio. Quella prima tela, dopo una mostra a Roma, fu acquistata da Giancarlo Giannini. Hanno cominciato a invitarmi fuori, è stato divertente, la pittura è diventata per me una cosa vera senza che me ne accorgessi. Ho dipinto tanti quadri, dopo mille non li ho contati più. Sempre a olio, non sono un giovanotto che fa di tutto, sono una contadina». Da un paio di anni Annunziata Scipione ha posato il pennello, ma la passione è viva nel racconto: «Dipingere mi è sempre piaciuto tantissimo, era una cosa per me. Spesso mangiavo in piedi e intanto riguardavo il quadro che stavo facendo. La pittura mi dà felicità»

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