Acerbo: riunioni dal legale per Pescaraporto, non è normale

Intervista al segretario di Rifondazione che fece bloccare i lavori sulla riviera di Pescara: "Quell’intervento è stato favorito dalla politica"

PESCARA. «Ci sarebbe da chiedersi se è normale che si facciano riunioni nello studio dell’avvocato difensore di D’Alfonso con i due all’epoca più stretti uomini di fiducia del presidente, Claudio Ruffini, che era al suo fianco in Regione, e l’inossidabile Guido Dezio, massimo dirigente del Comune di Pescara». Per Maurizio Acerbo, segretario nazionale di Rifondazione comunista, l’inchiesta su Pescaraporto «non è una sorpresa. Anzi, sono sorpreso che l’inchiesta non partì nel 2012 quando scoppiò la polemica». E Acerbo un’idea da suggerire agli investigatori ce l’ha: «Se non è stata la politica, la procura potrebbe indagare lo spirito santo».

Acerbo, secondo lei, Pescaraporto ha avuto favori?

«Dire che Milia non abbia ricevuto favori in generale è cosa opinabile. Con il Pd al governa nazionale, dal momento che D’Alfonso ha preso il controllo della Regione e, indirettamente, anche del Comune, è stata modificata una legge dello Stato per consentire quell’intervento. O si tratta del caso o questo intervento ha goduto di una attenzione particolare, se sia stata di D'Alfonso o meno lo accerteranno i giudici ma non sarà facile».

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Favori dall’alto dice lei?

«Il primo favore ci fu di sicuro nel 2012 quando venne concesso un permesso illegittimo da un dirigente, all’epoca dell’amministrazione Albore Mascia, un permesso talmente illeggitimo che lo stesso assessore di allora, Marcello Antonelli, si dissociò e poi il Tar lo annullò. Poi, con Renzi al governo, è stata modificata la legge per consentire la costruzione e su questa legge il governo ha posto la fiducia: la relatrice è stata Federica Chiavaroli, attuale sottosegretario alla Giustizia».

Abuso d’ufficio e falso per 5 indagati: è sorpreso?

«L’inchiesta non mi sorprende per niente: ho sempre parlato di uno scandalo alla luce del sole. Preciso che ho preferito non essere eletto in Regione pur di non essere alleato con D’Alfonso: per me, uno come lui, al di là delle Alpi, non sarebbe mai stato candidato».

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Ha sentito le parole di D’Alfonso?

«La conferenza è stata uno spettacolo che potrebbe essere commentato più dalla Gialappa’s band che non da un politico. Un’esercitazione del suo ego e del suo linguaggio inventato che solo in una regione con tanti yes men non può essere accolto tra fragorose risate». (p.l.)

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