Addio Pina Bausch la coreografa che creò il teatro danza

La danza è in lutto. E’ morta ieri a Berlino, ad appena cinque giorni dalla diagnosi di un tumore, la coreografa tedesca Pina Bausch.
Philippine Bausch, detta Pina, era nata a Solingen il 27 luglio 1940, avrebbe compiuto 69 anni a giorni.
Era attesa al Festival dei Due mondi di Spoleto, dove sabato andrà in scena il suo «Bamboo blues».
Era una delle più originali protagoniste della danza moderna, la creatrice di un suo stile fortemente teatrale, di un repertorio decisamente connotato, nonché di una delle più celebri compagnie, il Tanztheater, con sede a Wuppertal, in Germania, considerato il più importante gruppo di teatro-danza.

Celebri anche alcune sue partecipazioni cinematografiche, fra le quali quella in «E la nave va» di Federico Fellini, nei panni di una contessa non vedente.
Iniziò la sua carriera da adolescente, esibendosi in piccoli ruoli di attrice nel teatro di Solingen. La sua formazione artistica avvenne nella Folkwang Hochschule di Essen, diretta da un grande come Kurt Jooss, dove nel 1955 si iscrisse, iniziando ad apprendere l’arte della danza in chiave espressionista.
In seguito si trasferì, grazie a una borsa di studio, a New York, dove si perfezionò alla Juillard school of music, lavorando successivamente, in veste di ballerina, sia con il New American Ballet che con il Metropolitan Opera.

Dopo il rientro in Germania nel 1962, che la vide impegnata ancora come danzatrice, la Bausch iniziò, dal 1968, a comporre le prime coreografie per il corpo di ballo della sua prima scuola, la Folkwang Hochschule, del quale l’anno successivo divenne la direttrice.
Nel 1973 fonda il Tanztheater a Wuppertal. Le sue composizioni iniziano a riscuotere un successo internazionale, accumulando riconoscimenti. Inizialmente ispirate a capolavori artistici, letterari e teatrali, le sue coreografie subirono una svolta decisiva dopo la realizzazione del suo spettacolo più celebre, Cafè Müller (1978), composto sulle musiche di Henry Purcell. Già tendenzialmente spinte verso una critica della società consumistica e dei suoi valori, le opere approfondirono sia il contrasto uomo-società, sia la visione intima della coreografa e dei suoi danzatori, spingendoli a una espressività diretta e connessa alle proprie personali interpretazioni dei sentimenti.

Le novità del suo lavoro non consistono tanto nell’invenzione di gesti, quanto nel loro utilizzo connesso a una molteplicità di materiali scenici di derivazione strettamente teatrale, come le sedie del Cafè Müller o altre suppellettili in «Victor» il balletto dedicato a Roma, che la Bausch inseriva nelle sue composizioni, che negli ultimi anni avevano sempre un forte legame con i luoghi dove erano create.

«Bamboo blues», viene annunciato dal Festival di Spoleto, dove debutterà sabato, è come un mirabile contenitore, un ipnotico mosaico di immagini nel quale si fondono gli aspetti tradizionali e quelli contemporanei dell’India. Uno spettacolo che coinvolge tutti i sensi, allo stesso tempo magico nelle reminiscenze del passato e incalzante nella sua aspirazione al futuro.
(cr.sp.)