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Appalti Regione, è un funzionario il 33° indagato

Perquisiti ufficio e casa di Fabio Ferrante per il progetto da 3,5 milioni di euro del Parco Lavino a Lettomanoppello. La Regione precisa: non è coordinatore dell'intervento del parco nè del Masterplan

PESCARA. Cresce il numero degli indagati per l’appalto da 3,5 milioni di euro del parco sul fiume Lavino a Lettomanoppello. Da due giorni, nel filone d’inchiesta della procura dell’Aquila sugli appalti della Regione, è finito anche Fabio Ferrante. Ferrante, 37 anni, è uno dei collaboratori più fidati del governatore Pd Luciano D’Alfonso, anche lui indagato: per questo troncone d’indagine, adesso, gli indagati sono diventati 6, a vario titolo, per i reati di turbata libertà della scelta del contraente e falso in atto pubblico.

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Chi è Ferrante. Ex assessore, dal 2014, Ferrante è consigliere comunale di maggioranza in area Pd, a Lettomanoppello, stesso paese di origine di D’Alfonso. Nel 2015, poi, Ferrante è stato scelto proprio da D’Alfonso come componente dell’ufficio di presidenza della Regione e ha anche l’incarico di coordinatore del progetto per il Lavino. Ferrante lavora alla Regione in comando dall’Ato, dove è assunto come istruttore amministrativo. Proprio in questa veste, è stato indagato e poi assolto nell’inchiesta sul cosiddetto «partito dell’acqua».

Perquisizioni. Martedì scorso, nel palazzo della Regione di viale Bovio sono tornati i poliziotti della squadra mobile: gli agenti hanno prima perquisito l’ufficio di Ferrante e, poi, sono andati anche nella sua abitazione. Una doppia perquisizione mirata: i poliziotti, guidati dal capo Pierfrancesco Muriana, hanno cercato nuovi atti sul parco didattico del Lavino, opera inserita nel Masterplan della Regione. Una perquisizione, nell’ufficio di viale Bovio, andata in scena sotto gli occhi interessati di D’Alfonso: il presidente si è presentato ai poliziotti, ha chiesto informazioni sull’attività in corso e ha dato un’occhiata al materiale finito nelle mani della Mobile. Secondo quanto appreso, a Ferrante nel corso del blitz sarebbe stata bloccata la password di accesso ai sistemi online regionali dall’ufficio informatico su richiesta degli investigatori.

Fase bis. Il bilancio dell’operazione è di altre carte sequestrate. E da ieri gli investigatori sono già al lavoro su quei documenti che ricostruiscono la storia amministrativa di un intervento che mira alla valorizzazione dell’alveo del fiume e al recupero turistico delle antiche infrastrutture minerarie con zone verdi e piste ciclabili. Un intervento che riguarda 6 Comuni (Roccamorice, Scafa, Abbateggio, San Valentino, Lettomanoppello e Manoppello) e la Provincia di Pescara che sarà l’ente attuatore. Gli indagati, insieme a D’Alfonso e Ferrante, sono l’architetto Gianluca Marcantonio, il dirigente ai Lavori pubblici della Provincia Paolo D’Incecco, l’ingegnere Tino Di Pietrantonio e l’architetto Enrico Di Paolo, ex assessore provinciale.

Fronti pescaresi. Una perquisizione, quella di due giorni fa, che segna una nuova fase nell’inchiesta dopo giorni di calma apparente. Sono tre i filoni pescaresi al momento ancora aperti: oltre al parco del Lavino, si indaga anche su un immobile a Penne e in questo filone D’Alfonso è accusato di corruzione e sui lavori alle case popolari del quartiere Fontanelle. D’Alfonso non è rimasto in silenzio e ha detto di aver lavorato «per l’interesse pubblico. E proprio su Penne e sull’accusa più grave, il presidente si è difeso: «Non ho ucciso il vescovo di Canterbury. Per statuto io devo aiutare i Comuni a risolvere i problemi, e i comuni sono quei luoghi del bene inventati da Dio. Se un Comune mi chiede, sono precettato».

Sono 33 gli indagati. Sono 9 i fronti investigativi attualmente aperti, dalla ristrutturazione di palazzo Centi all’Aquila fino alle case popolari di Pescara, e tra i 33 indagati ci sono dirigenti e funzionari regionali, professionisti esterni, imprenditori, oltre a D’Alfonso e agli assessori regionali Marinella Sclocco, Silvio Paolucci e Dino Pepe. Le ipotesi di accusa, a vario titolo, sono di corruzione, turbativa d’asta, falso ideologico, abuso d’ufficio. L’inchiesta è coordinata dal procuratore Michele Renzo e dal sostituto Antonietta Picardi.

La Regione precisa. Con una nota inviata stamane dall'ufficio stampa della presidenza della Regione Abruzzo, in merito a Ferrante si precisano i seguenti punti:
1) il capo di accusa per il quale Fabio Ferrante è sottoposto a indagine è quello individuato dall’art. 353 bis del codice penale, ovvero “turbata libertà del procedimento di scelta del contraente” e non – come erroneamente riportato da alcune testate – “turbata libertà degli incanti” (art. 353 c.p.);
2) a Fabio Ferrante NON E’ contestato il reato di falso (art. 479 c.p.);
3) Fabio Ferrante NON E’ coordinatore dell’intervento per il parco didattico del Lavino né del Masterplan dell’Abruzzo;
4) per quanto riguarda l’intervento per il parco didattico del Lavino, ad oggi è stata soltanto firmata la convenzione di programmazione finanziaria e di indirizzo amministrativo tra la Regione e il soggetto attuatore (la Provincia di Pescara);
5) Fabio Ferrante non ha MAI lavorato al Comune di Pescara;
6) tutte le riunioni sull’argomento sono tecnologicamente documentate e rilevate con memoria remota.