Argento, premio all’orrore

Flaiano, Pegaso alla carriera per il regista: racconto i miei incubi

«Gli incubi e i sogni sono una parte importante dei miei film. “Suspiria”, che racconta la storia di una giovane che frequenta un corso di danza, era legato ai miei incubi scolastici». Dario Argento ha ricevuto ieri sera, al teatro D’Annunzio a Pescara, il Pegaso d’oro alla carriera, durante la 34ª edizione della cerimonia di consegna dei Premi Flaiano che ha visto salire sul palco i premiati delle sezioni cinema, televisione, teatro e letteratura. Ma a Pescara, Argento, era arrivato sabato anche per andare a salutare un suo vecchio amico: Raffaele Paparella Treccia che gli fece da padrino alla prima comunione. «I film sono sempre legati all’inconscio, hanno sempre qualcosa di autobiografico. Anche “Opera” era legato a tanti personaggi del mondo della lirica che avevo conosciuto».

Regista, sceneggiatore e anche produttore, Dario Argento è nato a Roma nel 1940. Non gli va di parlare delle sue paure, perché dice di avere «quelle che hanno tutti, paure quotidiane». E anche con la risate ha lo stesso rapporto: «Rido per le cose che fanno ridere a tutti». Legge i romanzi comici, «ma mi piacciono soprattutto le storie di azione», e del cinema di oggi non ha una grande opinione. «Fare cinema in Italia è difficile, si fanno pochi film e mia figlia Asia fa bene ad andare a lavorare all’estero». Il regista, autore di «Profondo rosso», del «Fantasma dell’opera» e del recente «Il cartaio», disegna poi la parabola del cinema horror: «Adesso sta avendo una grande fortuna l’horror americano, mentre prima c’era stata una grande ondata di film coreani e giapponesi. L’Europa sta restando indietro. Il cinema americano però lo trovo con poco spessore, molto commerciale e semplicistico».

Nella saletta dell’albergo dove è seduto, passa Christian De Sica e gli racconta che suo figlio Brando sta girando un horror. Poi, riprende a parlare e accenna al suo cattolicesimo: «E’ la mia fede, anche se oggi sono un po’ confuso dalla Chiesa». Tra l’artista e l’uomo non vede parallelismi perché dice: «Non c’è bisogno di avere istinti omicidi per girare film sulla morte, perché questi sono grandi temi che appartengono a tutti». E poi, ritorna a parlare di sua figlia Asia e del coraggio che ha avuto a baciare un rottweiler nel film «Go go tales» di Abel Ferrara: «Per me ha fatto proprio ’na cazzata».