Bimbo muore cadendo dal dodicesimo piano

Tragedia a Montesilvano: il piccolo sale su una sedia e precipita dalla finestra.
 

MONTESILVANO. L’ultimo frammento di vita di Mattia è un rumore. Un suono improvviso che arriva dalla camera in cui i genitori l’hanno lasciato addormentato, poi più nulla. Nulla se non una sedia accanto a una finestra e il vuoto di un volo interminabile: dodici piani, oltre trenta metri, giù fino all’altezza del primo piano, dove il precipizio finisce su un una copertura che ripara l’ingresso del condominio di via Leopardi 2. Mattia muore a cinque anni, una tragedia, un incidente terribile e senza spiegazione per i genitori e i nonni, che accorrono disperati dall’ultimo piano, ma lo trovano ormai senza vita.

Il palazzo si chiama Riviera 1, perché sorge a poche decine di metri dal mare, in una traversa di viale Aldo Moro. È qui che Mattia M. abita con i suoi genitori, il papà, S.M., titolare di un negozio di alimentari, e la mamma, P.M., che lo aiuta nell’attività. Dopo la vertiginosa caduta, la piccola vita si spegne in un soffio. A cercare di portargli soccorso, per primo, è il portiere. Il segno di un tentativo purtroppo inutile è una scala di metallo con la base rossa che all’arrivo dei soccorritori, il personale della Misericordia coordinato dal 118 e i carabinieri guidati dal luogotenente Pasquale Di Paolo, è ancora appoggiata al terrazzino senza balaustra del primo piano, a circa due metri di distanza dal portone d’ingresso. Ci sono dodici pioli per arrivare al solaio, e basta osservare lo sguardo del portiere per capire che devono essergli sembrati troppi, così come profondamente ingiusta è la fine di Mattia, il bimbo che vedeva tutte le mattine assieme alla mamma passare e salutarlo.

Poco dopo le 19, nell’atrio del palazzo, i condomini assistono sgomenti al dolore della mamma, del papà, dei nonni che non si danno pace. Il grande vano delle scale ampifica la sofferenza della giovane donna, che grida: «Il mio bambino non c’è più» e continua a chiedere perché, ma nessuno può darle risposta. È una scena che strazia i cuori di tutti, anche di chi non conosceva che di vista la famiglia che, sembra, si era trasferita da poco nel palazzone di via Leopardi. Di fronte al condominio, è parcheggiato il furgone bianco dell’agenzia di pompe funebri.

All’interno, i carabinieri ascoltano i familiari, per cercare di capire che cosa sia accaduto nell’appartamento al dodicesimo piano. Dai racconti sarebbe emerso che Mattia non era sereno, da alcuni giorni era irrequieto, agitato, e nel pomeriggio, per cercare di aiutarlo, i genitori avevano chiamato il medico che, dopo averlo visitato e avergli somministrato una medicina, aveva suggerito di ricoverarlo il giorno seguente per accertamenti. Poi mamma e papà avevano messo il bimbo a letto nella loro camera e, dopo averlo visto addormentato, si erano spostati in cucina, per lasciarlo tranquillo. Erano circa le 18.

È dalla cucina che, trascorsi pochi minuti, i genitori sentono uno strano rumore provenire dalla camera in cui il piccolo riposa: allarmati, si precipitano nella stanza, ma trovano il letto vuoto, una sedia accanto alla finestra spalancata, e il sangue gli si gela. Mattia non c’è più. Guardano verso il basso e il cuore si spezza, chiamano aiuto, i nonni, i vicini di casa, e corrono al piano terra. È un momento di dolore lancinante, il bambino è morto, i soccorritori arrivano, ma nessuno può più fare niente per il piccolo.
 Al loro arrivo, i carabinieri raccolgono le testimonianze, mentre il personale dell’agenzia funebre prepara una grande bara grigia di metallo.

Un uomo passa con piccoli abiti appesi a una gruccia: una camicina bianca, pantaloni blu. La nonna, al telefono con un familiare, urla la sua pena: «Era così bello, così bello». I genitori vengono condotti in questura per essere ascoltati sulla dinamica dell’incidente che ha strappato loro il figlio nel modo più tragico. Il corpo del bambino viene trasportato all’obitorio del cimitero di Montesilvano, in attesa delle decisioni del sostituto procuratore Giampiero Di Florio.