DELITTO NERI

C’è un Dna: trenta sospettati per l’omicidio 

Il reperto è su un guanto in lattice trovato nel luogo dov’era il cadavere. Sarà confrontato con quello di amici e persone con cui faceva affari

PESCARA. C’è un Dna di un profilo genetico ignoto, isolato su un guanto in lattice rinvenuto tra il fango e il canneto dov’era stato abbandonato il corpo di Alessandro. Un reperto importante oltre a quelli acquisiti dai carabinieri sui vestiti e le scarpe di Alessandro e sulla Opel bruciata e recuperata accartocciata in un deposito per la rottamazione. E ci sono anche trenta Dna che gli stessi carabinieri hanno acquisito da altrettante persone attraverso le tracce salivari. Trenta persone, trenta sospettati, che comunque andrà a finire il confronto con il Dna isolato sul guanto, e dopo le ulteriori risposte dei Ris attese la prossima settimana per quanto riguarda la macchina bruciata, delineano il cerchio investigativo su cui si stanno concentrando i carabinieri. Un cerchio che racchiude i rapporti “economici” che Alessandro portava avanti, e che in qualche caso coincidono anche con i suoi rapporti amicali e di conoscenza. Affari che non riguardano la droga, come in un primo momento si era anche ipotizzato, ma i movimenti che il giovane portava avanti attraverso le due società scoperte nei giorni successivi all’omicidio dalla Guardia di finanza.

In queste società Alessandro Neri non figura direttamente, non ricopre alcun incarico, ma sono comunque riconducibili a lui. Le carte e i documenti sequestrati dai finanzieri a casa sua raccontano infatti i rapporti di tipo commerciale, tra Alessandro e queste società. Una sorta di contenitori attraverso cui il giovane avrebbe portato avanti la variegata attività imprenditoriale con cui di fatto, soprattutto negli ultimi mesi, riusciva a sostenere con assiduità la madre nelle spese domestiche.
Si è già detto che Alessandro frequentava le aste a Roma, e si era effettivamente specializzato nella compravendita di merce di vario genere. Abbigliamento, computer, tutto quello che gli capitava, ma con un occhio di riguardo alle auto, il settore che si sarebbe rivelato più redditizio. Sui conti correnti delle due società sarebbe emerso un movimento di denaro di circa diecimila euro, ma per avere un quadro più preciso e dettagliato sotto il profilo economico e dei rapporti intrattenuti da Alessandro, va ridisegnata tutta la rete di contatti avviata da queste società, con sede a Pescara, con altre società e, di rimando, con gli altri attori di queste compravendite. Dunque, bisogna seguire i soldi, la causa costata la vita al 29enne. Ma il punto di partenza, e per questo le tracce salivari sono state repertate nell’ambito delle conoscenze più o meno amicali di Alessandro, resta sempre lo stesso: Alessandro conosceva il suo assassino. E di sicuro si fidava. Se non di lui, di chi ce l’ha portato. Un amico, l’amico che ha assistito all’omicidio e che ancora oggi ne conserva il segreto.

A smascherare lui e, o, l’assassino, potrebbe contribuire quello che i Ris riferiranno la prossima settimana dopo aver analizzato il materiale che i carabinieri del Nucleo investigativo diretti dal maggiore Massimiliano Di Pietro sono riusciti a tirare fuori dalla Opel Meriva sequestrata in un deposito per la rottamazione e ridotta a un cubo di lamiere. La Opel cioè, che fu data alle fiamme la sera successiva a quella dell’omicidio Neri. Omicidio, come raccontano i due colpi sparati prima al fianco e poi alla testa, che la sera del 5 marzo sarebbe maturato proprio all’interno dell’auto che lo caricò dopo che il giovane aveva lasciato la sua 500 rossa in via Mazzini, dove poi fu ritrovata. Il fatto che quella Opel Meriva, data in prestito dal figlio del proprietario a un coetaneo già noto alle forze dell’ordine, dopo essere stata bruciata, fu avviata alla rottamazione nei giorni successivi al delitto, indusse subito il pm Valentina D’Agostino a disporne il sequestro per tutti gli accertamenti.

Compresa la comparazione con le tracce di pneumatico rilevate sulla stradina di fango che conduce al greto del torrente Vallelunga dove fu ritrovato Alessandro. Sembrava impossibile che da quell’ammasso di lamiere si riuscisse a cavare qualcosa, e invece i carabinieri ci sono riusciti. Adesso, è questione di giorni, i Ris dovrebbero dare la risposta tanto attesa, e cioè se quella macchina c’entra con l’omicidio di Alessandro. Più precisamente, se su quella macchina è iniziata la fine di Alessandro, colpito a un fianco e poi, fuori dall’abitacolo, finito con un colpo alla testa.
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