Caramanico: terme ancora chiuse, un paese in ginocchio 

La società alla Regione: senza fondi non possiamo riaprire. L'assessore: "Sono disponibili 3 milioni". E i lavoratori sono pronti al presidio

CARAMANICO TERME. Terme di Caramanico, la riapertura è ancora lontana. Lo confermano i vertici della società concessionaria (peraltro in liquidazione). Non c’è una data che possa dare speranza alle decine di lavoratori a spasso e a un indotto di centinaia di attività commerciali, ricettive e alberghiere del paese montano, costrette a respingere le prenotazioni da mezza Italia.
È una fase di stallo che dura da oltre un mese, da quando la struttura avrebbe dovuto riaprire i battenti per la stagione estiva con prenotazioni che non mancherebbero malgrado il calo registrato negli ultimi anni, soprattutto a causa della crisi. E invece non si vede la luce in fondo al tunnel. E c'è un intero paese in ginocchio.

«Siamo preoccupatissimi, non ci sono notizie certe per una eventuale riapertura, siamo in attesa di fondi dalla Regione per poter ripartire», sintetizza il liquidatore della società termale, Franco Masci, al quale risponde l’assessore regionale alla Sanità Nicoletta Verì: «I finanziamenti, 3 milioni e 200mila euro per le cure termali, sono stati deliberati e sono già nelle disponibilità sia delle terme di Popoli (riaperte due giorni fa, ndr) sia per Caramanico: potete riaprire».
E invece no. «Siamo in liquidazione volontaria, non ce la facciamo da soli, se riaprissimo lo faremmo in perdita» sottolinea Masci, «non possiamo fare affidamento solo sui fondi per le cure termali (aerosol, insufflazioni). Facciamo da anni cure riabilitative respiratorie e motorie per assistiti Inail che hanno l’invalidità, ma oramai sono pochi. Quindi bisogna estendere i servizi anche ad altri assistiti del sistema sanitario nazionale, ma a costi inferiori. Abbiamo una struttura attrezzata e qualificata per poter offrire un servizio tutti i giorni dell’anno, anzi, gli impianti si devono utilizzare altrimenti rischiano pure di rovinarsi».

Masci si appella a «delibere di giunta che non sono state fatte e che danno la possibilità di accedere a finanziamenti inseriti nella legge di stabilità 2019 che sono destinati alle zone termali» e che ammonterebbero a una cifra pari a «900mila euro da elargire in tre anni». Cifra, questa, che comunque nulla avrebbe a che vedere, secondo l’assessore, con i tre milioni e rotti già messi a disposizione della struttura dalla Regione. Il liquidatore e amministratore delegato delle Terme, più volte sottolinea che la «crisi iniziata nel 2008 ha fatto registrare un crollo enorme degli utenti, da 21mila ai 14mila odierni. Diminuzione di arrivi registrati in tutta Italia, non solo da noi».

Secondo i vertici di Terme, «la gente non ha abbastanza disponibilità economiche per sostenere le spese degli alloggi. Abbiamo retto molto bene con i pendolari, ma tutto il paese sta risentendo degli effetti di questa situazione. Mai fino a oggi si è visto un calo di utenza del genere, che peraltro non accenna a finire».

Per i lavoratori è un’attesa snervante lo scioglimento delle beghe burocratiche che allungano i tempi della riapertura delle terme. Sono pronti a «un presidio sotto la Regione» per ottenere risposte sul loro futuro. Se fino a oggi hanno atteso che accadesse qualcosa e che la struttura riaprisse i battenti insieme all’hotel Maiella e al centro benessere “La Reserve”, adesso hanno deciso di affidarsi al sindacato. E Alessandra Di Simone, della Filcams Cgil, ieri pomeriggio ha incontrato molti di loro, nel corso di un’assemblea in cui è emerso un enorme sconforto perché chi «ha lavorato negli ultimi mesi per la manutenzione non è stato pagato e molte di queste persone non hanno la possibilità di ricollocarsi, essendo over 50». La Cgil intende provare a smuovere le acque. E tenterà una «operazione verità», annuncia Di Simone. ©RIPRODUZIONE RISERVATA