Crisi e voglia di sfide quando il gioco diventa una dipendenza

Tutti siamo giocatori d’azzardo, ma non tutti diventiamo casi patologici fino a rovinare la nostra esistenza e quella di chi ci sta vicino. Chi non ha mai tentato un terno al lotto, preso un gratta e vinci o un biglietto della lotteria? 

«Lei vegeta, lei non soltanto ha rinunciato ai suoi interessi personali e a quelli sociali, non soltanto ai suoi doveri di uomo e di cittadino, non soltanto ai suoi amici (eppure ne aveva), non soltanto ha rinunciato a qualsiasi fine nella vita, eccettuato quello di vincere, ma perfino ai suoi ricordi. (...) I suoi sogni di adesso, anche quelli più urgenti ed essenziali, ormai non vanno oltre al pair e impair, rouge e noir, la dozzina di mezzo e così via». Eccola qua in brevi tratti illuminanti la condizione di vita del giocatore uscita dalla penna di Fëdor Dostoevskij che pure al tavolo verde si rovinò.

Mai come in questo momento in Italia è elevato, e in crescita esponenziale, il numero dei giocatori d’azzardo e dei ludopatici, ovvero di quelle persone che sviluppano un disturbo conclamato da gioco d’azzardo che ormai, come le dipendenze da sostanze, viene diagnosticato attraverso il “Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali 5”, il più usato a livello mondiale, che lo definisce un "Comportamento problematico persistente o ricorrente che porta a disagio o compromissione clinicamente significativi”.

Tutti siamo giocatori d’azzardo, ma non tutti diventiamo casi patologici, ovvero “giocodipendenti” fino a rovinare la nostra esistenza e quella di chi ci sta vicino. Chi non ha mai tentato un terno al lotto, preso un gratta e vinci o un biglietto della lotteria, o per diventare “Turista per sempre”, vincere una casa e via e via? «I giochi di intrattenimento vengono definiti “d’azzardo” quando concorrono due requisiti: il fine di lucro e la casualità della vincita o della perdita», spiega Daniela Marchetti, docente di Psicologia della salute -Vecchie e nuove dipendenze all’università di Chieti. Cifre e studi dicono quanto il fenomeno coinvolga a tappeto. «La popolazione italiana totale è stimata in circa 60 milioni di persone, di cui il 54% sarebbero giocatori d'azzardo», riporta la docente. «Il nostro Paese è primo in Europa nel mercato del gioco d'azzardo on-line, e terzo nel mondo dopo Giappone e Regno Unito».

Secondo i dati dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, gli italiani nel 2011 hanno speso quasi 80 milioni di euro nel gioco d'azzardo, circa il 5% del Pil. Dal 2000, quando per il gioco d'azzardo si spendevano 14,3 milioni di euro, c’è stato un incremento di 65,6 milioni di euro. Un’impennata si è verificata nell'anno in cui è iniziata la crisi (2009), passando da 54,4 milioni di euro ai 79,9 del 2011 (+47%). Nel 2013 la spesa è arrivata a 84.7 milioni di euro e solo in Abruzzo sono stati spesi 1.9 milioni, di cui 1.3 milioni in slot machine. «Parallelamente al numero di giocatori è cresciuta l'offerta di giochi e dei luoghi di gioco», rileva la dottoressa, «che unendosi al periodo di crisi ha creato in molti la speranza illusoria di fare soldi facilmente».

Tra sfidare ogni logica e giocare al Superenalotto e diventare un “malato” per fortuna dunque ce ne corre: la maggior parte di chi tenta la fortuna è cosciente del fatto acclarato che alla lunga al gioco non si vince. Mai. A maggior ragione in quei giochi sempre più diffusi, legali e socialmente accettati, in cui l’abilità non ha alcun valore: ogni giocata è a sè, non si impara nulla da una prima “grattata” da poter utilizzare nella seconda, come invece avviene nella briscola, nella scala 40 finanche nel ben più adrenalinico poker. «Il gioco d'azzardo è una pratica ludica socialmente accettata, una forma di intrattenimento se svolta per divertimento», spiega la docente, «limitandosi alle proprie possibilità economiche, accettando di perdere il denaro puntato senza tornare a giocare con la speranza di recuperarlo. Varie le motivazioni che spingono a giocare d'azzardo: per divertimento, per sfidare la fortuna, per l'eccitazione che genera, per sfuggire allo stress o a un umore disforico, per solitudine, per migliorare le proprie finanze», elenca la docente. «Pertanto, pur esistendo una stragrande maggioranza di persone che possono essere definite giocatori sociali – che non sperimentano conseguenze negative a causa del loro comportamento di gioco –, si stanno rafforzando le evidenze scientifiche che indicano quanto la pratica del gioco d'azzardo, in persone con una certa vulnerabilità, possa evolversi in sviluppo di forme di dipendenza (il disturbo) o comportamenti a rischio. C’è il giocatore problematico, colui che pur non presentando ancora una vera e propria patologia ha dei problemi sociali (lavorativi, relazionali, emotivi) da cui sfugge e a cui cerca di dare una soluzione attraverso il gioco. Mentre, la persona che sviluppa il disturbo da gioco d'azzardo», chiarisce, «è una persona che ha perso il controllo sulla sua attività di gioco, gioca più denaro, più a lungo e più spesso di quanto si può permettere». In cifre: secondo un report del Dipartimento Politiche Antidroga almeno 300 mila persone hanno un disturbo da gioco d'azzardo, e almeno 760 mila persone presentano un comportamento di gioco d'azzardo a rischio di patologia (2012).

«Due le questioni rilevanti», osserva Marchetti, «come evitare di sviluppare il disturbo e come affrontarlo qualora il problema si sia presentato. Questi aspetti coinvolgono sia un piano personale/individuale, sia un piano sociale. A livello individuale, un modo per evitare di sviluppare nel tempo il disturbo è limitare la frequenza e il denaro investito senza trascurare le altre attività: questo garantisce di riuscire a mantenere un certo distacco oltre che sperimentare meno conseguenze negative. Altrimenti è importante riconoscere precocemente di avere un problema. Spesso le persone negano o minimizzano il proprio disturbo. È molto difficile che riescano a essere obiettivi circa la loro condizione. Importante è l'aiuto delle persone vicine nel supportarli per rivolgersi ad uno specialista. Chiedere aiuto per il proprio problema è importante perchè si può guarire. Attualmente le strutture specializzate nella presa in cura della persona con disturbo da gioco d'azzardo sono su tutto il territorio nazionale», sostiene la docente, «sia private, sia previste dal Sistema sanitario nazionale da quando il disturbo è stato inserito nell'elenco dei Livelli minimi di assistenza dal Decreto Balduzzi, prevedendo prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione».

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