L'editoriale

Crisi in vista. Evviva la Repubblica

Sfilate, fanfare, riconoscimenti al merito. L’Italia festeggia il 2 giugno. Evviva la Repubblica. Faremmo bene a studiarcela, però

Sfilate, fanfare, riconoscimenti al merito. L’Italia festeggia il 2 giugno. Evviva la Repubblica. La nostra Repubblica fondata sul lavoro, che garantisce il diritto allo studio, alla salute e a tante altre cose ancora. La nostra Repubblica e la sua splendida Costituzione, uscita nel dicembre scorso indenne da un referendum che prometteva meraviglie e che resta, secondo molti, per buona parte inapplicata.
Faremmo bene a studiarcela, perciò. E a trovare, magari nello spirito solidale dei padri fondatori, energie ed unità di intenti per dispiegarne pienamente ragioni e principi.
Invece poche volte è capitato in passato di celebrare il 2 giugno in un clima di incertezza come quello che stiamo vivendo. Causa del contendere, la solita riforma elettorale, alla tedesca sembra stavolta, ma così tanto pasticciata da rischiare un brusco ritorno ai tempi cupi del consociativismo proporzionalistico della prima Repubblica. Con le estenuanti e sotterranee trattative tra le forze politiche, il più delle volte condotte in barba alla tanto agognata trasparenza. Non proprio il meglio che ci si potesse augurare.
Una nuova legge elettorale è certo necessaria. Soprattutto se si vuole dare stabilità al paese. 

Solo che il modello che si è scelto, rimpastandolo come al solito in peggio all’italiana maniera, non promette niente di buono. Le liste bloccate con i candidati designati dalle segreterie sembrano infatti quando di meglio si potesse escogitare per togliere la scelta degli eletti ai cittadini. In più, si stanno precipitando i tempi per arrivare a settembre alle elezioni, con la sicurezza acquisita che dalle urne non uscirà alcun vincitore e che il governo rischierà di tornare preda delle vecchie, estenuanti trattative parlamentari tra i signori dei partiti. Tutto questo mentre l’economia stenta a ripartire, il debito pubblico soffoca la ripresa e i partner europei (ma non solo) ci additano come il pericolo numero uno per la stabilità. Tutti indizi che consiglierebbero prudenza alla classe politica, spingendola, ora che i paracaduti europei (vedi Quantitative easing) rischiano di venire a mancare, finalmente alla coesione e a scelte più ponderate. In un autentico spirito repubblicano che, invece, dalle nostre parti sembra quasi completamente mancare.

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