D’Alfonso, scontro sui tempi del processo

Milia: troppa rapidità e udienze accavallate. De Santis: sacrifici, o si rema contro

PESCARA. È uno scontro sui tempi del dibattimento tra il presidente del tribunale collegiale Carmelo De Santis e l’avvocato Giuliano Milia ad aprire il processo a Luciano D’Alfonso, accusato di abuso patrimoniale per il concorso del suo braccio destro Guido Dezio. Un processo in cui è stato chiamato a comparire come testimone il presidente del consiglio regionale Nazario Pagano, indicato dal pm Paolo Pompa tra i quattro testimoni dell’accusa.
L’ex sindaco di Pescara è imputato per aver favorito Dezio, prima avendolo ammesso senza concorso a svolgere funzioni di dirigente comunale, quindi avendogli assegnato un incarico per sei mesi e quindi di un anno nel settore «Provveditorato ed economato» e «Provveditorato e patrimonio», in questo modo precostituendo titoli utili ai fini del concorso per l’assunzione in Comune.

Il 24 febbraio, con rito abbreviato, il gup Guido Campli aveva condannato Dezio a quattro mesi, assolto i tre componenti della commissione giudicatrice e fissato in tempi record l’udienza per D’Alfonso. E così ieri, in una udienza che avrebbe dovuto essere riservata unicamente alle formalità, Milia, difensore dell’ex sindaco (assente), ha contestato in aula i tempi indicati dal collegio, con giudici a latere Marco Bortone e Maria Cristina Salvia: «Non capisco perché ci sono processi che vengono trattati in modo diverso da altri» ha detto davanti alla data indicata da De Santis per l’udienza successiva, dedicata all’esame dei testi, il 16 aprile. «È un problema che si fissino processi con tanta rapidità: la Fira, la Regione, Montesilvano, per scelte tecniche o strategiche sono stati fissati tutti insieme». Milia, impegnato su tutti i fronti delle grandi inchieste politico-giudiziarie, ha sottolineato le difficoltà dei difensori a studiare i documenti e ha comunicato le proprie difficoltà personali a essere in aula per la coincidenza con altre udienze.

Gentile, ma irremovibile De Santis: «È la legge, con l’articolo 132 della legge 125 del 2008, che ci dice che i processi per reati di particolare allarme o rilevanza sociale devono avere la priorità. La prova si forma in dibattimento: a me interessa il processo non l’esito, che si facciano processi in altre sedi che non sono giudiziarie non mi riguarda. Dipende se i processi si vogliono fare, e allora si fanno coi sacrifici: sennò si rema contro. Anche perché» ha sottolineato il giudice, «sono gli stessi imputati a chiedere che siano fatti subito».

Ma il dibattimento è comunque a rischio. Del tre giudici del collegiale, infatti, due stanno per passare al civile: Bortone in aprile, Salvia a luglio. Perché il collegio possa procedere (in caso contrario occorrerà avviare la costituzione di un nuovo collegio), è necessario che il processo si concluda entro giugno. Tre, dunque, le date in calendario nonostante le rimostranze di Milia: il 16 aprile alle 15 (giorno di udienza per la Fira), il 14 maggio alle 11.30 (in coincidenza con l’udienza per lo scandalo di Montesilvano), e l’11 giugno alle 10.15. «Se poi c’è un impedimento, lo valuteremo» conclude De Santis.

Ieri, dunque, i primi atti formali, con l’ammissione dei mezzi di prova e la richiesta del pm di esaminare quattro testi. Pagano è già stato sentito durante le indagini come persona informata sui fatti: dopo il concorso, su richiesta di un consigliere di Pescara, chiese alla direzione del Personale della Regione se Dezio fosse mai stato assunto, come ha spiegato, gli venne risposto no.
Con lui, Pompa ha citato il funzionario regionale Giuseppe D’Urbano, indagato nella vicenda in un diverso procedimento, una agente di polizia e un dipendente della Regione.

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