Disabili senza bus Un padre minaccia: mi getto dalla torre

Proteste per la sospensione del trasporto al Paolo VI La Fondazione: deve essere il Comune a garantire il servizio

PESCARA. «Se non riprende il servizio di accompagnamento dei disabili, da parte della Fondazione Paolo VI, io salgo sul torrione del Comune e mi butto giù».

È disperato, Paolo Masciulli Ferri, il papà di un giovane di 28 anni autistico, dopo la decisione da parte della Fondazione Paolo VI di sospendere, dallo scorso 7 aprile, il servizio dei pullman che prelevava, in determinati punti di raccolta, i disabili iscritti al centro di riabilitazione, che a Pescara ha tre sedi: quella di via Pesaro, di viale Papa Giovanni XXIII e infine quella di via Tavo, il Tabor, frequentato dal figlio di Paolo Masciulli.

È una storia straziante, quella di Masciulli, di cui si è voluta far carico la Fials, la Federazione italiana autonomie locali e sanità, con il segretario provinciale, Gabriele Pasqualone, che ieri ha indetto una conferenza stampa sull’argomento.

«Prima, noi abitavamo a Montesilvano», racconta Masciulli, il quale oltre al giovane disabile ha altri due figli «e il Comune, con un suo servizio, provvedeva al trasporto di mio figlio. Ma tutto questo è durato fino alla morte di mia moglie, avvenuta qualche anno fa. Poiché mio figlio, legatissimo alla madre, ha voluto che ci trasferissimo vicini al cimitero dove ora è sepolta, in quello di via Colle di Mezzo, a Pescara».

E anche all’inizio di questo primo periodo seguito al trasloco, la situazione non cambia. «Dal 2011 al 2013», dice Masciulli, «il servizio di trasporto è stato garantito dalla Fondazione Paolo VI, dalla quale mio figlio veniva accompagnato nel centro di via Tavo. Il tutto però fino al 7 aprile scorso, quando la Fondazione ha deciso di sospendere l’accompagnamento». Di qui, la «navetta» di Masciulli tra municipio e Fondazione. «Uno mi ha mandata dall’altra e viceversa. Senza trovare una soluzione». Il fatto è, spiega Masciulli (il quale ha dovuto lasciare il lavoro che svolgeva prima, proprio per essere più vicino al ragazzo ) che per lui sarebbe impossibile accompagnare il figlio autonomamente: «Per portarlo al centro di riabilitazione, dovrei prendere due autobus. Ma non è tanto questo il punto. Va detto che mio figlio, che è alto un metro e novantadue, con un peso di 133 chili, sui mezzi pubblici disturba i viaggiatori».

«Non riesco a trattenerlo», sottolinea, «e per la mole che ha, nessuno riesce a fermarlo».

Insomma, per Masciulli, portare il figlio in via Tavo sarebbe una missione impossibile. «Ora la mia», sbotta il papà, «non è più una vita, a queste condizioni. E se nessuno mi darà ascolto, mi butterò giù dal torrione del Comune».

Un appello alla soluzione del caso è stato lanciato anche da Pasqualone. «Abbiamo chiesto un incontro col prefetto», spiega il sindacalista. «Ma non abbiamo avuta risposta. Lo stesso è accaduto con la Fondazione Paolo VI. Quella di Masciulli è una vicenda vergognosa».

Nel giro di qualche ora è poi arrivata anche la replica della Fondazione Paolo VI. «Il servizio che abbiamo svolto finora», fanno sapere dalla direzione, «è stato un qualcosa in più, di non dovuto da parte nostra. Ora, in virtù di una nostra riorganizzazione interna», hanno spiegato, «abbiamo interrotto il servizio. Ma di questo, come è disposto dalla legge, se ne dovrebbe fare carico il Comune».

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