Ecco quanto spendono gli abruzzesi per pizza, birra e gelati

I dati di un'indagine della Confartigianato: in estate boom di prodotti tipici. Per l'olio d'oliva si spendono, in media, 118 euro a famiglia, per la pizza 115, per i gelati 72 e per la birra 71. Il direttore Giangiulli: scegliere il made in Abruzzo fa bene all'economia e alla salute

PESCARA. Quanto spendono all'anno gli abruzzesi per pizza, birra e gelati? Lo dice un'indagine della Confartigianato Abruzzo: la spesa maggiore - una media di 118 euro a famiglia - è dedicata al condimento per eccellenza, l'olio d'oliva. Per la pizza, simbolo del cibo made in italy, la cifra è di 115 euro. Immancabile d'estate il gelato, per cui ogni famiglia spende in media 72 euro. Subito dopo c'è la birra, per cui gli abruzzesi spendono mediamente 71 euro. L'alimentazione abruzzese, evidenzia Confartigianato, fa bene anche all'economia e all'occupazione del territorio. A custodire i segreti del gusto made in Abruzzo, garantendo la qualità e la varietà del cibo sempre più apprezzato da turisti italiani e stranieri, sono i produttori artigiani: Confartigianato ha calcolato che per soddisfare la domanda di gelati, birre, pizza, street food, olio si muove un esercito di 1.114 imprese, con 2.156 addetti. Del totale, 645 imprese sono attive nel settore dello street food, pizza e cibo da asporto, 347 in quello della gelateria e della pasticceria, 111 in quello della produzione di olio d'oliva e olii vegetali e 11 in quella della produzione di birra. In testa c'è la provincia di Chieti, con 324 imprese, seguita da Pescara (299), Teramo (258) e L'Aquila (233). «La qualità e la genuinità dei prodotti made in Abruzzo - afferma il direttore regionale di Confartigianato, Daniele Giangiulli - fanno bene alla salute, fanno muovere l'economia e rappresentano uno dei biglietti da visita della nostra regione in Italia e nel mondo. L'invito ai cittadini è quello di consumare abruzzese e agli esercenti di vendere abruzzese. La 'ricettà dei prodotti artigiani è il rispetto delle materie prime e delle tecniche di lavorazione tradizionali. Non manca - conclude Giangiulli - un'attenzione sempre più diffusa a soddisfare particolari esigenze dietetiche o legate a intolleranze alimentari della clientela».