Un'assemblea dei soci della Banca di Credito cooperativo di Cappelle sul Tavo

Elezioni alla Banca di Cappelle, due notai indagati per falso

La procura: brogli elettorali nella lista che tentò di contrastare la presidenza Borgia

PESCARA. Due notai sono finiti sul registro degli indagati per vicende legate alle ultime elezioni per il rinnovo della presidenza e del consiglio di amministrazione della Bcc di Cappelle sul Tavo. Gli investigatori della finanza avrebbero rilevato brogli elettorali legati alla raccolta delle deleghe, da parte della lista che vedeva candidato alla presidenza lo sconfitto Filippo Falconio. I notai a cui viene contestato il reato di falso in continuazione sono entrambi di Pescara. Un colpo di scena, visto che i due notai sono finiti sotto la lente d’ingrandimento della finanza a seguito di fatti emersi durante le indagini in corso su presunte irregolarità nella lista che sosteneva l’attuale presidente della banca di credito, Michele Borgia. Indagini partite proprio dalla querela di alcuni candidati e soci sostenitori appartenenti alla lista Falconio, convinti che la sconfitta fosse ingiusta. Una vicenda dalle tinte ancora offuscate che si è scatenata dopo la rielezione di Borgia (per la terza volta) il 26 aprile 2015, con 1.218 preferenze contro le 1.079 registrate dalla cordata sfidante. Ben 139 voti di scarto, con una percentuale di circa il 13 per cento in più. Subito dopo, la fazione perdente ha avviato una serie di azioni legali per individuare eventuali irregolarità della lista Borgia, sia sul piano civilistico sia su quello penale. È a questo punto che i finanzieri hanno sequestrato e passato in rassegna le deleghe dei soci per la votazione. Per riconoscere se si trattasse di deleghe autentiche o di falsi, gli investigatori hanno chiamato i soci della banca di credito nella sede del comando e, durante gli interrogatori, casualmente rivolti anche ad alcuni soci che avevano rilasciato la delega ai candidati della lista Falconio, è emerso che alcune di queste erano state sottoscritte in assenza del notaio e ritirate in bianco. Nei casi specifici, da due candidati tra le file di Falconio. Il paradosso è che entrambi figurano tra i querelanti della lista Borgia. Insieme alle testimonianze, ad alimentare ulteriormente i sospetti degli inquirenti, è stato il fatto che a molte deleghe fosse stata allegata una copia del documento di riconoscimento del socio delegante, di cui è ragionevole chiedere la sola esibizione nel caso in cui il pubblico ufficiale autenticante avesse assistito personalmente all’apposizione della firma. Il sostituto procuratore Barbara Del Bono ha acquisito l’intera documentazione sull’assemblea della discordia e in particolare le deleghe al voto rilasciate dai soci assenti, limitatamente a quelle recanti le firme dei due notai in questione. Gli inquirenti hanno quindi in mano gli originali di tutte le deleghe autenticate dai due professionisti e hanno continuato a interrogare gli altri soci che le avevano sottoscritte. Quello che si vuole stabilire è se si sia trattato di casi isolati o se si sia delineato un vero e proprio “metodo”. La posizione dei notai prende risalto in quanto potrebbero aver autenticato deleghe raccolte con questo sistema, senza la presenza dei sottoscrittori. Accuse comunque tutte da provare. Abbiamo cercato di rintraciare telefonicamente i notai indagati, che però hanno preferito non rispondere alle nostre domande «perché impegnati». Nel caso di uno di loro, ci è stato indicato il nome del suo legale, ma non siamo riusciti a metterci in contatto con lui. Dai vertici della banca, nessuna dichiarazione al riguardo. Borgia afferma soltanto di essere «molto impegnato nella preparazione della prossima assemblea dei soci della banca che si terrà il primo maggio nell’Hotel Adriatico di Montesilvano». ©RIPRODUZIONE RISERVATA