Walter Galluzzi, personal trainer di Fausto Filippone

TRAGEDIA DELL'AUTOSTRADA

"Fausto era diventato troppo cupo"

Parla il personal trainer di Filippone: si confidò con me e lo dissi alla sua famiglia

PESCARA. «Da un anno, Fausto era diventato cupo, solitario. Lo avevo esortato a confidarsi, altrimenti sarebbe esploso. Quando gli chiedevo cosa avesse, mi rispondeva: non posso parlarne, non ce la faccio. Oggi porto il rammarico di non essere riuscito a salvarlo. Non era un mostro, ma una persona educata, squisita e molto riservata».
È l’immagine di Fausto Filippone tratteggiata dal suo personal trainer, Walter Galluzzi, 60 anni, nato a San Paolo del Brasile e residente a Cepagatti, che oggi si commuove al ricordo di un «uomo buono» che in un momento di follia ha ucciso in sequenza, nell’arco di un’ora, la moglie Marina Angrilli, 51 anni e la figlioletta Ludovica di 10 anni, prima di chiudere con la vita dopo un volo di 40 metri dal viadotto Alento sulla A14.
Come e quando vi siete conosciuti?
«Tre anni fa, grazie all’amicizia con sua sorella Antonella che lo ha esortato a fare un po’ di sport per allentare le fatiche del lavoro. All’epoca lavoravo in un altro fitness center di Pescara, poi mi sono trasferito a Porta Nuova e Fausto ha continuato ad allenarsi con me, ero molto legato a lui».
Che tipo di persona era?
«Riservato, educato, rispettoso, tranquillissimo, squisito, una bella persona. Non era un mostro, come lo dipingono ora, ma un uomo di sani principi. Talvolta anche giocoso, era bravissimo nelle imitazioni di Totò e Lino Banfi. A fine allenamento restava un po’ a scherzare con noi e scambiare due chiacchiere con un gruppo che si era formato qui. Stava bene in palestra, si era creato delle nuove amicizie».
Negli ultimi tempi il suo comportamento era cambiato?
«Saltava gli allenamenti, tra le 20 e le 21 di solito. O arrivava in ritardo e scappava sempre qualche minuto prima perché diceva di voler stare con la figlia prima che andasse a nanna. In generale, era sempre molto ansioso, anche per questo la famiglia lo esortava a scaricare le energie in palestra. Ma il vero cambiamento l’ho notato circa un anno fa».
Cosa è successo?
«All’improvviso è diventato cupo, sofferente, voleva stare sempre da solo, gli leggevo negli occhi una grande tristezza. Mi sono accorto di questo cambiamento, ne parlai con lui ma anche con la sua famiglia che ha tentato di aiutarlo. Qualcosa lo tormentava. Aveva il viso contratto di una persona stanca, scoraggiata, che aveva perso ogni speranza. Non riusciva a reagire, era fragile, aveva paura anche di se stesso. Per mesi ho tentato di scuoterlo. Lo esortavo, anche arrabbiandomi, a confidarsi con me. Gli dicevo: se vai avanti così, esploderai. Lui annuiva ma non si apriva. Ho il rammarico di non essere riuscito a salvarlo».
Lei gli chiedeva che problemi avesse?
«Si, ma lui rispondeva sempre: non posso parlarne, non ce la faccio, non ci riesco. Si è portato dietro questo segreto».
Che idea si era fatto del suo malessere?
«Secondo me non dipendeva dalla morte di sua madre, seppure la sua scomparsa lo abbia addolorato tantissimo . Credo che avesse problemi all'interno del suo nucleo familiare. Quando gli chiedevo se avesse avuto diverbi con la moglie mi guardava e annuiva. Ma non ha mai rivelato nulla. Parlava volentieri solo della figlia, un giorno mi disse che stava organizzando la sua festa di compleanno».
Quando lo ha visto l’ultima volta?
«Venerdì scorso (18 maggio): l’allenamento era fissato alle 20, ma si è presentato con 15 minuti di ritardo. Mi ha chiesto scusa e poi ha iniziato la sua ora, ma non l’ha terminata. Alle 21,05 è andato via. Mi ha solo salutato: ci vediamo lunedì. Credo sia accaduto qualcosa tra venerdì sera e domenica mattina. Un altro particolare ci dice che non ci fosse premeditazione nelle sue intenzioni: il 22 aprile scorso aveva anche rinnovato gli appuntamenti in palestra fino al prossimo anno. Anche se alla reception lo ricordano confuso, stranito, quel giorno in cui ha rinnovato l’annualità».
Cosa può essere scattato nella mente di un uomo che nel giro di pochi minuti stermina una famiglia e si suicida?
«Paradossalmente credo si sia trattato di un ultimo atto d’amore nei confronti della sua famiglia. Se aveva deciso, in questi giorni, di farla finita perché non reggeva più il peso di qualcosa che lo tormentava, la sua intenzione è stata quella di portare con sé quella famiglia che tanto amava. Sul viadotto ha indugiato per ore prima di buttarsi, perché alla fine prevale l’istinto di sopravvivenza».