Fioritoni diventa medico Benemerito

L’ematologo premiato dalla Provincia: «Abbiamo costruito un punto d’eccellenza, che bello aver curato i bimbi dell’Est»

PESCARA. Cammina con la sicurezza di chi di strada ne ha fatta tanta, ma non è stanco. Giuseppe Fioritoni, 67 anni, ha trascorso gli ultimi quaranta nel reparto di Ematologia dell'ospedale civile di Pescara, tra i suoi pazienti. E sono stati proprio loro i primi a stringersi intorno a lui, ieri mattina, nella grande sala della Provincia, mentre simbolicamente un'intera comunità gli consegnava il riconoscimento di Benemerito della Provincia, e una medaglia d'oro numerata.

«Ho sempre pensato che per un medico la passione, la disponibilità e la conoscenza facessero parte del Dna, e non credevo che tutto ciò meritasse un premio», dice, rivolgendosi alla sala piena. Poi, la stretta di mano col presidente dell'ente Guerino Testa, le foto con le autorità, con il direttore della Asl di Pescara Claudio D'Amario, con gli amici e i colleghi venuti per applaudirlo. Una giornata diversa per un uomo abituato a ben altri palcoscenici, quelli in cui in gioco c'è la vita. Reatino, allievo di Glauco Torlontano, dal 1973 è a Pescara, nel reparto di Ematologia. Lo stesso che ha guidato dal 1987. Dallo scorso giugno è in pensione.

«Quando sono arrivato non c'era ancora nulla», racconta, «il reparto doveva essere creato dal nulla. Ora vado via, ma continuo a svolgere la libera professione. Al mio lavoro ho dato tutto ciò che potevo, sacrificando il tempo per me e per la mia famiglia». Sono passati quarant'anni da quel lontano 1973, e la ricerca nel campo dell'ematologia ha fatto passi da gigante. «Molte persone che in passato avevano poche speranze di vita, oggi possono avere un futuro», spiega Fioritoni, «tutto questo grazie proprio alla ricerca. Mi piace lo slogan coniato dall'Ail: la vita ricomincia dalla ricerca. Questo non vuol dire che non ci sia ancora da combattere e studiare, bisogna sperimentare, andare avanti, ma siamo sulla buona strada».

Oltre al trapianto di cellule staminali che ha un ruolo fondamentale nella cura delle leucemie acute, per altre malattie oggi sono disponibili nuovi farmaci biologi, i cosiddetti farmaci intelligenti che colpiscono prevalentemente le cellule malate e risparmiano quelle sane. «Molti pazienti giungono alla guarigione», dice, «per altri si è ottenuto un prolungamento della vita e un miglioramento della qualità dell'esistenza. La scienza ci mette a disposizione una possibilità, dobbiamo afferrarla».

Sotto i suoi occhi in questi quarant'anni sono passate storie di sofferenza ma anche di grande felicità. «Storie come quelle dei tanti bambini dell'Est», racconta, «giunti da noi clandestini, accompagnati dalla disperazione e poi guariti e rinati insieme alle loro famiglie a Pescara, il luogo dove hanno trovato anche un futuro dignitoso». Storie di profonde amicizie e di collaborazione. «Ho trovato compagni di viaggio eccezionali», dice, «Antonio Iacone, Paolo Di Bartolomeo, Domenico D'Antonio, con loro ho condiviso ideali e obiettivi». E poi la riconoscenza verso i volontari. «Sono un sostegno fondamentale per Ematologia», spiega, «ho dedicato molto tempo al volontariato nella convinzione che per avere il supporto di associazioni come Ail e Agbe, bisogna essere parte integrante dei loro progetti e programmi. Per questo ringrazio il presidente dell'Ail di Pescara, il mio amico Domenico Cappuccilli».

La pensione è un momento di bilancio, e Fioritoni ha fatto il suo. Ha una bella famiglia: la moglie Marina e i figli Marco e Francesca, che ha seguito le sue orme. «Di facile nella vita professionale non c'è stato nulla», dice, «ho smesso di lavorare dopo quarant'anni e mi sembrava ieri: il lavoro non mi è mai pesato. I momenti difficili sono stati tanti, quelli in cui andavano gestiti i pazienti gravi. Ma sono stati tanti anche gli attestati di amicizia e affetto. Pochi giorni prima del mio pensionamento, ha bussato alla mia porta in reparto un uomo con un mazzetto di asparagi selvatici in mano. Era il padre di un bambino che avevo curato dieci anni prima, e che purtroppo non ce l'ha fatta. Un gesto che mi ha riempito il cuore».

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