Folla al Circus per il ritorno di D’Alfonso

Il Pd chiude la campagna elettorale con tutti i candidati: ma il vero protagonista della convention è l’ex sindaco

PESCARA. È stata la celebrazione di Luciano D'Alfonso. Ieri sera, il teatro Circus ha registrato il tutto esaurito per accogliere l'ex sindaco tornato leader indiscusso del Partito democratico abruzzese, a poco più di una settimana dalla sentenza di assoluzione. In centinaia sono rimasti in piedi, molti non sono riusciti ad entrare nella sala dove D'Alfonso, emozionato e silenzioso, si è inoltrato tra i primi, a luci ancora soffuse. Quando la folla lo ha scorto, un fragoroso applauso ha rotto il vociare. E D'Alfonso è tornato quello che i suoi sostenitori e l'intera città conoscevano. Sul palco, le sue parole di ringraziamento hanno scatenato ancora applausi, fino all'ovazione in piedi.

L'ultimo appuntamento elettorale del Pd prima delle politiche del 24 e 25 febbraio, è stato per più di un'ora il comizio di un uomo che come un fiume in piena è passato da un argomento all'altro senza sosta, intervallando i suoi contenuti con un invito: «Mi dovete ascoltare, perché ho una voglia matta di parlare».

Sono passati quasi quattro anni dall'ultima volta, ma per i sostenitori dell'ex sindaco nulla sembra essere cambiato. A condurre l'incontro, tra una battuta e l'altra, è il comico 'Nduccio. A raccogliere più applausi è l'intervento accorato e paterno di Nevio Felicetti che di D'Alfonso tiene le mani. «Da oggi riprendiamo il filo di un discorso bruscamente interrotto», afferma il senatore del Pci, «ma se D'Alfonso ha la forza e la fede che serve per non provare risentimento, io non posso dire altrettanto».

Poi la scena si libera e sul palco rimane il protagonista. «Questa volta», dice, «non sarà come le altre, quando ho tenuto a bada le mie emozioni. Questa volta non ci riesco, voglio parlare». Subito l'affondo nei confronti del suo successore Albore Mascia. «Il giudizio della gente lo abbiamo conosciuto dalle urne: l'ultima volta che mi sono candidato ho doppiato il mio avversario. Una classe dirigente per potersi dire tale deve essere riconfermata due volte, una non basta». Non rallenta mai D'Alfonso, incalza i suoi uditori su una serie di questioni che vanno dalla responsabilità pubblica degli amministratori «che spesso si nutre di sciattezza e poca consapevolezza delle cose», alla difficoltà di vita delle imprese in Abruzzo, «per cui è necessario declinare meglio la burocrazia». Poi inizia un viaggio immaginario nell'Abruzzo che era e in quello che può diventare. «Una piccola regione non è condannata per forza a svolgere un piccolo ruolo», dice, «bisogna creare alleanze sul territorio, ognuno deve essere libero di vivere bene dove vuole, no alla soppressione dei municipi. Chi pensa di poter fare il contrario non sa nulla dell'Italia, che si fonda sui piccoli Comuni».

La lunga cavalcata dialettica di D'Alfonso va avanti a lungo, passando attraverso il tema del lavoro per i giovani «che non può essere solo un fatto delle famiglie, lo Stato deve esserci», fino al «no» alle piattaforme petrolifere nell'Adriatico, e «all'importanza delle rotaie e dei raccordi ferroviari nei pressi dei consorzi industriali».

Poi la parola passa a Giovanni Legnini, Stefania Pezzopane, Franco Marini per le ultime frange di campagna elettorale. In platea siedono altri esponenti politici e candidati, tra cui Vittoria D'Incecco, Silvio Paolucci, Francesca Ciafardini, Gianluca Fusilli, Marinella Sclocco, Giuseppe Di Pancrazio, Camillo D'Alessandro. Le conclusioni le tira Marini: «Berlusconi ha un vantaggio in Lombardia per l'ingresso di Balotelli nel Milan, da noi in squadra è rientrato Luciano».

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