in tribunale

Giustizia malata, assolto anche l’ex sindaco di Nocciano

Cadono tutte le accuse contro Giordano e altri 4 imputati: sei anni fa finì per due mesi agli arresti domiciliari

PESCARA. «Era il 27 gennaio del 2010: verso le 5,30 bussarono alla porta ed era la squadra mobile. Io aprii e mi notificarono un provvedimento di arresti domiciliari. “Ma se non ho fatto niente?”, pensai io. Per due mesi sono rimasto ai domiciliari, poi, l’obbligo di dimora a Nocciano e per fortuna che mi hanno dato il permesso di andare alla comunione di mia figlia. Da ieri, però, dopo quasi 6 anni, posso ricominciare la mia vita: sono stato assolto». Marcello Giordano, 53 anni, è l’ex sindaco di Nocciano: quel giorno del 2010 fu arrestato con le accuse di concussione, favoreggiamento e omissione di atti d’ufficio.

Tutti assolti. Ieri, il giudice Antonella Di Carlo ha emesso la sentenza: «Il fatto non sussiste». Assolto Giordano e assolti gli altri 4 imputati, l’ex vice sindaco Vincenzo Palumbo, gli ex assessori Fabio Pietrangeli ed Enzo Scipione, l’ex segretario comunale Giandomenek Di Felice. Per la verità, in quest’inchiesta, una condanna c’è stata: Di Felice è stato condannato a una multa di 400 euro. «Ma faremo appello e rinunceremo anche alla prescrizione», annuncia l’avvocato Umberto Di Primio, sindaco di Chieti.

Accuse cambiate. Un altro processo su una presunta politica distorta che si chiude senza colpevoli, dopo D’Alfonso e Venturoni: il giudice ha smontato le tesi dell’accusa, in mano al pm Gennaro Varone, rette dalle rivelazioni di un vigile urbano del paese e di un geometra comunale che denunciarono sanzioni disciplinari ai loro danni per bloccare i controlli sull’edilizia. La procura, mutando i reati originari in minaccia a pubblico ufficiale, ha chiesto tre anni e l’interdizione per Giordano, due anni e 6 mesi e l’interdizione per Di Felice, un anno e 6 mesi per Palumbo e Scipione, 6 mesi per Pietrangeli.

Parla Giordano. «Io sono per la certezza della pena nel senso che quando uno sbaglia deve pagare», afferma l’ex sindaco con un passato nell’Msi e collaboratore di Nino Sospiri, «bisogna avere sempre fiducia nella giustizia, anche se in questi anni qualche dubbio ce l’ho avuto. Diciamo che, però, nella giustizia ci sono anche persone che non sono all’altezza, un po’ come nei ristoranti: mica si mangia bene da tutte le parti.Però», osserva Giordano, «bisogna pensare anche a chi fa le indagini e non solo ai giudici: con me, l’allora capo della Mobile, Nicola Zupo, che nel frattempo ha fatto carriera, ha imboccato un’autostrada in senso contrario: c’è stato un teorema, ma non sono state fatte le verifiche necessarie».

Veleni di paese. Ma qualcosa di male Giordano l’avrà pur fatto, no? «Me lo sono chiesto anch’io. La risposta è: ho vinto le elezioni, senza promettere niente a nessuno. Poi, qualcuno ha provato a sovvertire l’ordinamento servendosi di altri. Forse, perché alle elezioni ho sconfitto il candidato sindaco fratello di quel vigile e, in quella stessa lista, c’era anche il fratello di quel geometra. Non c’era bisogno di fare tante indagini: sarebbe bastato mettere le persone sulla bilancia. A me è arrivata solidarietà da polizia, carabinieri, dipendenti del tribunale, avversari politici». Giordano racconta che, prima di essere arrestato, confidò di avere «problemi» con il vigile al prefetto dell’epoca e, su suo consiglio, si rivolse anche all’allora comandante dei carabinieri della compagnia di Penne: «So che i carabinieri hanno fatto anche un’indagine ma non so come sia andata a finire».

«Innocente mai dimesso». L’ex sindaco riflette: «Certe cose non dovrebbero accadere a nessuno. Non è possibile che una persona che non ha fatto niente si ritrovi arrestata e sbattuta in prima pagina come un mostro. Io non mi sono dimesso e sono rimasto sindaco fino al 2013 proprio perché sapevo di essere innocente».

Di Primio: chi paga? L’avvocato Di Primio rivela: «A Nocciano, 2.500 abitanti, sono arrivati anche gli agenti dello Sco di Roma per mettere le cimici in municipio. Mi chiedo quanto ci siano costati un’indagine del genere e i processi che ne sono scaturiti. Sì perché sono nati almeno altri tre procedimenti penali che finiranno tutti allo stesso modo. E poi sempre le stesse persone hanno fatto 24 denunce. È presto per pensare a chiedere i danni, ma una riflessione va fatta».

«Pericolo numero uno». «Forse, ero io il pericolo numero uno», ride Giordano, «ma qui non c’è niente da ridere. Sono stati anni difficili e la mia famiglia li ha subiti: adesso, mi godo questa giornata con mia moglie e mia figlia. E anche con mio padre che non c’è più e non ha fatto in tempo a vedermi assolto».

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