PESCARAPORTO

Il Comune: «Case sul mare da demolire» 

Chiesti annullamento della licenza edilizia e restituzione dell’area

PESCARA. Il Comune chiede alla Regione di annullare il titolo edilizio e di cancellare il Waterfront center. E l'area, edificata in parte dalla società Pescaraporto, una volta demolita a spese del privato, deve tornare nella disponibilità dell'amministrazione comunale che avrà facoltà di decidere nuovi interventi sul sito di proprietà privata.
Tutto ciò accadrà se la Regione accoglierà le decisioni del Tar che ha bocciato ogni possibile ipotesi edificatoria in un'area, definita dal Genio civile, ad alto rischio esondazione. Talmente a rischio che, nel 2014, lo stesso organismo diede «parere non favorevole» all’intero piano particolareggiato 2 ideato dall’amministrazione comunale dell’epoca guidata dal sindaco Luigi Albore Mascia.
Uno studio, redatto nell’ambito dell’elaborazione del Piano regolatore portuale, evidenziava l’«innalzamento» del livello del fiume alla foce «a causa di mancata/insufficiente manutenzione idraulica e bonifica dell’area portuale» tale da costituire «condizione di oggettivo pericolo e di grave preoccupazione». In quel documento è scritto che «nell’ultimo tratto fluviale, si verificano, in caso di piena, tiranti idrici notevolmente superiori alla quota delle banchine e che implicano la diretta esondazione nelle zone urbane adiacenti e che corrispondono proprio alle aree del Pp2 caratterizzate dal massimo sviluppo edilizio e trasformazione urbana».
Si apre ora un nuovo capitolo della vicenda della società Pescaraporto, di cui sono azionisti i costruttori Roberto e Paola Milia, figli dell’avvocato pescarese Giuliano Milia (storico difensore del governatore Luciano D'Alfonso), e i teatini Andrea e Luca Mammarella, figli di Franco. Un capitolo, dai risvolti sempre imprevedibili, che arriva dopo la bocciatura dal parte del Tar del ricorso presentato dai costruttori intenzionati a realizzare un complesso residenziale laddove, inizialmente, erano stati concessi i permessi a costruire uffici direzionali, alberghi e locali commerciali spalmati su una superficie di 6000 metri a ridosso del fiume, nelle vicinanze del Ponte del mare, del porto turistico e della nuova caserma della Finanza, lungo la stessa traiettoria. Un progetto, nato con queste intenzioni, nell'ottobre 2012. Poi la svolta, con la richiesta, nel marzo 2016, della società Pescaraporto al Comune di cambiare la destinazione d'uso del progetto: da edilizia direzionale a residenziale. Precisamente una «richiesta di variante» al permesso iniziale «da uffici privati-studi professionali a residenziale». L'obiettivo era costruire appartamenti con vista mare su un'area, vicino all'ex Cofa, ancora libera da palazzi. Il settore edilizia del Comune disse no. E rimandò ogni decisione al consiglio comunale. Che a sua volta bocciò l'idea progettuale. Pescaraporto fece ricorso al Tar. Il no del consiglio comunale, fu la tesi della società costruttrice, rappresentava una «violazione» del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia (il dpr 380 del 2001). E si arriva agli ultimi capitoli. Il Tar ha respinto pochi mesi fa il ricorso della società pescarese. E, in sostanza, ha detto che non solo il consiglio comunale ha ragione a bocciare l'ipotesi progettuale della residenza privata, ma addirittura nessun tipo di permesso doveva essere concesso dal principio. Il Tar ha detto no proprio sulla base dell'articolo 39 del testo unico in materia edilizia e ha rimandato, di fatto, la palla nella metà campo della Regione che, sollecitata anche dal Comune, deve ora preparare l'intera istruttoria e prendere una decisione sulla base delle relazioni del tribunale amministrativo.
L'iter sarebbe partito un mese fa, ma ad oggi non sarebbero emerse novità. Se la Regione dovesse accogliere le decisioni del Tar dovrebbe ordinare al Comune l'abbattimento del Waterfront center. E in questo caso, una volta demolita, l'area privata tornerebbe nella disponibilità dell'amministrazione che avrà facoltà di decidere nuovi interventi edilizi sul sito privato. Ora la partita si gioca tra la Regione e il Comune che dovranno decidere il destino dell'area portuale.
©RIPRODUZIONE RISERVATA