Paolo Neri, padre di Alessandro

Il padre: «Alessandro, una fine barbara» 

L’intervista su Rai 1: «C’è qualcosa che ignoriamo. È stato ucciso e una morte così non si giustifica con cose di poco conto»

PESCARA. «Voglio la verità». Paolo Neri supera la riservatezza e la sua grande discrezione e davanti alle telecamere de "La vita in diretta" su Rai Uno, mentre la moglie Laura Lamaletto è in diretta sulla rete concorrente Mediaset, affida all’Italia che sta davanti alla Tv i suoi scrupoli di padre e la sua profonda disperazione rispetto a quello che è successo, e perché è successo, al figlio Alessandro, trovato ucciso con due colpi di pistola l’8 marzo.
«Tutto è possibile perché una morte così non si giustifica con un qualcosa di poco conto. Sicuramente c’è dietro qualcosa che noi ignoriamo completamente se questo ragazzo di 29 anni che tutti descrivono come una persona generosa e disponibile poi finisce che non torna a casa una sera. E viene ritrovato ucciso, non morto, con due colpi di pistola. E non ti spieghi il perché. Non sai il perché».
«Quando gli chiedevo come andava, come d’altronde ho sempre chiesto anche agli altri tre figli», racconta Neri, «Alessandro mi rispondeva sempre tutto bene, va tutto bene. L’attenzione verso questi ragazzi è sempre stata abbastanza, non dico pressante perché non siamo genitori che soffocano i propri figli, però siamo stati presenti di fronte ai problemi, anche scolastici, che si sono sempre risolti per il meglio. Niente faceva presagire che ci potesse essere un epilogo di questo tipo. Non so cosa dire», ripete disorientato il genitore, «perché tra l’altro ho anche scoperto una parte di mio figlio che non conoscevo. In questi giorni abbiamo avuto testimonianza di persone che sono state aiutate abbondantemente, anche in maniera molto delicata da mio figlio, anche per mancanza di denaro che lui dava. Non cifre esorbitanti, ma per quello che poteva ha aiutato, aiutava. Vivendo in un paesino piccolo si creano delle amicizie che si costruiscono nei bar, nelle piazze, per strada. Oltre a tante persone serie che, tra virgolette, si alzano la mattina e vanno a lavorare, c’erano anche persone che vivevano di espedienti, e qualcuno di questi è stato sicuramente aiutato da mio figlio. Per amicizia, per conoscenza». Tra queste il papà di Alessandro cita anche una ragazza. «Aveva partorito, ma il marito non poteva essere presente, e Ale ha assistito questa ragazza nei giorni susseguenti al parto anche economicamente. Questo gli fa onore. Ma non è bastato», sospira Neri, «per serbarlo da questa fine così barbara. È impensabile credere che abbia fatto una cosa talmente grave da meritare una cosa così». Una pena infinita, quella del genitore che dal giovedì pomeriggio di due settimane fa, quando fu chiamato a riconoscere il corpo di quel giovane ritrovato nel fango a ridosso del torrente Vallelunga, non smette di chiedersi se e dove ha sbagliato come padre. «Noi genitori molte volte diamo per scontato molte cose. Io in questi giorni mi sono messo molto in discussione, mi sono guardato allo specchio e mi sono chiesto se sono stato un buon padre soprattutto per Alessandro. Forse avrei potuto salvarlo o tirargli fuori qualcosa dalla testa, e percepire queste cose. Ma mettersi in discussione in questo modo non è stato né facile, né semplice, né bello, perché ne viene fuori che tuo figlio è morto. E quindi qualcosa sicuramente ti è sfuggita. È una cosa brutta». (s.d.l.)
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