Inchiesta Rigopiano, le intercettazioni choc: «Provolo sta sottovalutando l’emergenza» 

Da «Quello dell’albergo non deve rompere il c...», alle frasi che accusano il prefetto: ecco le registrazioni raccolte dalla squadra mobile sulla tragedia del 18 gennaio

PESCARA. «Il prefetto sta sottovalutando lo stato di emergenza, per questo il presidente forse si è arrabbiato. Siamo stati all’incontro in prefettura...».
Non c’è solo la frase da brividi del responsabile della Viabilità della Provincia Paolo D’Incecco («Quello dell’albergo non deve rompere il c...») nelle intercettazioni che la Mobile si trova a fare per tutt’altra vicenda, in quella mattinata infernale del 18 gennaio. Ci sono, anche, le conversazioni confidenziali tra chi, proprio come D’Incecco e come la consigliera provinciale che parla del prefetto, si ritrova a fronteggiare una situazione che alle 12,45 è ampiamente fuori controllo. A quell’ora la richiesta partita dall’hotel già all’alba, per un mezzo che vada a liberare la strada di Rigopiano, è diventata quasi un’eco fastidiosa a cui nessuno sembra dare peso. Troppe emergenze tutte insieme, troppe a fronte di una macchina dei soccorsi partita con evidente ritardo. Il prefetto ha riunito il comitato per l’ordine e la sicurezza alle 10, e solo a mezzogiorno ha invitato gli operatori a scendere nella sala operativa della Protezione civile.

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«È mancato il raccordo», dice la consigliera a D’Incecco, come Provolo tra i 23 indagati della Procura. «Quasi non ha senso aprire la sala operativa adesso che i sindaci sono al collasso». D’Incecco non solo le dà ragione, ma dice pure che la sala operativa doveva essere aperta dieci giorni prima. Una considerazione amara su cui il funzionario della Provincia che ha appena reperito una turbina dalla società Autostrade, ma che arriverà intorno alle 14, prova a mettere comunque una pezza con i pochi mezzi a disposizione. Ma Rigopiano, alle 13, non è ancora tra le priorità. Anche se i 40 prigionieri sono nel piazzale dell’hotel, imbacuccati e impauriti, ad aspettare il mezzo che li faccia tornare a casa. Dopo le scosse di terremoto hanno liberato le macchine sepolte dalla neve, le hanno messe in fila e hanno caricato i bagagli. Sono pronti ad andarsene, senza sapere che il funzionario della Provincia dice che bisogna fare prima le strade e le scuole e poi il territorio. I mezzi sono pochi, tanto che D’Incecco ipotizza, si potrebbe chiamare l’esercito, e l’elisoccorso in caso di ammalati che hanno bisogno, ma la consigliera che ha partecipato con Di Marco all’incontro di poco prima glielo dice chiaro: «Il prefetto ha detto di no». E qui D’Incecco sbotta, «se ne assume lui la responsabilità e la colpa».
Ma dalle conversazioni intercettate dalla Mobile nell’ambito dell’inchiesta sul parco del Lavino, emerge chiaro anche il problema dei mezzi. Le turbine o si rompono, come quella inviata a Sant’Eufemia, o sono già rotte, come quella a Vestea. Oppure sono senza conducente come quella a Ponte Sant’Antonio dove si utilizzano gli stagionali. E gli stagionali il 18 gennaio non ci sono.
Alle nove di mattina, quando D’Incecco se ne esce con quella battuta infelice sull’albergo («Non deve rompere il c...»), non c’è ancora stato il terremoto e mezzo Abruzzo è in ginocchio per il black-out e l’emergenza neve. D’Incecco e Mauro Di Blasio, responsabile della viabilità per la Provincia anche lui tra i 23 indagati, a quell’ora parlano dell’emergenza a Roccacaramanico, a San’Eufemia, ma di Rigopiano proprio no. Anzi. Di Blasio racconta che il sindaco Lacchetta l’ha chiamato fino alle 11 e mezzo della sera prima. «Siamo andati a liberare quella fila di macchine alle tre e mezzo del mattino, erano andati a mangiare la pizza», rimarca Di Blasio che si sfoga anche nei confronti del presidente Di Marco: «Stavo predisponendo tre mezzi per andare a Rigopiano all’albergo», riferisce a D’Incecco parlando del pomeriggio del 17 «e il presidente ha incominciato a telefonare alla polizia provinciale, che stava lì per fermare le macchine che si imbucavano dietro ai mezzi, per dire alla ditta di andare a montare la turbina. Ma l’ho chiamato e gliel’ho detto: con l’albergo c’abbiamo un contatto diretto ogni venti minuti, sta tutto a posto». (s.d.l.)
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