“Inviati” del Papa a Pescara per "riscattare" Rancitelli

Don Marco e 5 ragazzi in strada «per far riemergere la dignità». A bordo del camper della Caritas battono le strade del quartiere più difficile della città

PESCARA. Gli “inviati di Papa Francesco” nella periferia più difficile e degradata di Pescara sono cinque giovani che su un camper da qualche settimana battono le strade groviera di Rancitelli per incrociare il disagio – pratico e non solo – di tanti che vivono nel quartiere-ghetto e affrontarlo armati di buona volontà, competenze di tanti tipi, passione e voglia di aiutare una comunità sul percorso del riscatto.

«La Chiesa è chiamata a uscire da se stessa e dirigersi verso le periferie, non solo quelle geografiche ma anche quelle esistenziali, quelle del mistero del peccato, del dolore, delle ingiustizie, dell'ignoranza (...) del pensiero, di ogni miseria» ha detto Bergoglio. E se la Chiesa generosa e accogliente del pontefice argentino chiama, don Marco Pagniello con la “sua” Caritas risponde. Subito. C’è questo prete positivo e attento al sociale dietro e dentro “Ninive verso le periferie”, progetto finanziato con 8 per mille alla Chiesa cattolica, che si concentra sul quartiere di Rancitelli-VIlla del Fuoco e ha come obiettivo l’attivazione degli aspetti positivi all’interno della comunità.

Cominciando con l’entrare in rete con piccole associazioni che fanno un lavoro tenace e poco pubblicizzato di sostegno a persone in difficoltà; ma soprattutto intende intercettare, attraverso una azione di ascolto diffuso sulla strada (ed ecco il camper!), situazioni di povertà e bisogno che non arrivano ai servizi sociali. Per mille ragioni, tra le quali una certa diffidenza verso le istituzioni, un timore che il complesso tessuto sociale del quartiere – tra illegalità arrogante ed emarginazione – lascia ben comprendere. In Caritas da più di10 anni don Marco si occupa di sociale dall’inizio della sua missione sacerdotale «e su Rancitelli ho sempre posto attenzione», racconta, «manifestata affiancando il lavoro delle tre parrocchie della zona – Madonna del Fuoco, Angeli Custodi e parte del Beato Nunzio – e di altre associazioni che ci sono sul territorio. Ma non avevo mai pensato a una azione specifica sul quartiere. Ora c’è anche Papa Francesco che ci spinge verso le periferie, e non solo esistenziali, ma proprio fisiche: ad andare lì dove si concentra il disagio. E noi ci andiamo, per starci, costruire e ricostruire, non fare operazioni spot che aggiungono solo sfiducia alla sfiducia. Se si lavora con costanza si guadagna la fiducia delle persone, che possono risollevarsi e crescere. Non ci aspettiamo risultati quantitativamente elevati», sottolinea il sacerdote, «ma qualitativi sì. Vogliamo far emergere la parte che si vuole riscattare, che vuole cambiare: il primo appello è a loro, alla parte sana e nascosta, perché più di altri conosce le problematiche che si vivono a Rancitelli e ci può far capire, e capendo si sa agire».

«La prima azione prevista dal progetto “Ninive” è capire come è questo quartiere», spiega Rossana Tiboni, responsabile di Area Immigrazione – Inclusione socio-lavorativa della Caritas Pescara-Penne. Ovvero una analisi quali-quantitativa del contesto territoriale (caratteristiche demografiche, sociali, economiche ed individuazione di criticità e potenzialità); unamappatura delle realtà sul territorio, delle associazioni e enti con cui tessere una rete solidale che sia da volano per la partecipazione attiva della comunità di quartiere; la realizzazione di laboratori, momenti di condivisione, percorsi di conoscenza o corsi che possano offrire un calendario multiforme di attivitàche prevedano il coinvolgimento simultaneo di più generazioni.

Ma tutto deve ruotare intorno a una attività di ascolto diffuso e di strada.

E per questo ecco il camper con gli operatori sociali a bordo che lavorano in sinergia con l’assistenza sociale del Comune: «Ci teniamo al discorso della rete», sottolinea Tiboni, «perché noi diffondiamo informazioni utili anche ad altre associazione e servizi. Non ci fermiamo a un target, perché c’è l’anziano solo che non riesce più a provvedere a se stesso in campo sanitario o burocratico, l’invalido senza pensione ; c’è il tossicodipendente che vuole avviarsi in un percorso di cura e non sa come fare; c’è l’adolescente che ha lasciato la scuola e non cerca già più lavoro perché non ha gli strumenti; ci sono le mamme sole, persone con disturbi mentali. Quello che la realtà ci mette davanti noi vogliamo capirlo e affrontarlo, insieme a chi è in stato di disagio, orientandolo verso i nostri servizi e verso altre risorse possibili».

E in queste prime settimane cosa è emerso di Rancitelli? «È uno dei quartieri che va aiutato, con una forte presenza di immigrati, massiccia dei rom, con tante criticità», racconta Tiboni. «Tante realtà diverse sì, ma si coglie anche un certo orgoglio, la voglia di riconoscersi una identità di appartenenza a un quartiere che ha sofferto di non giusta attenzione in passato».

«In questi ultimi anni la situazione è peggiorata ovunque perché la crisi ha colpito tutti», osserva don Marco, «qui si è aggiunto altro disagio al disagio: prima erano “i soliti” a chiedere aiuto alimentare o per le bollette, ora sono anche gli insospettabili. Paghiamo scelte scellerate di un passato che ha voluto concentrare in un quartiere un insieme di problematiche sociali. Una forma di ghettizzazione e falso controllo che costa cara».

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