Junior: il Mundial 1982 e gli anni felici a Pescara

A trentacinque anni dalla storica spedizione azzurra di Bearzot in Spagna l’asso brasiliano torna in città e si racconta al Centro: amo questa terra

PESCARA. Sono passati 35 anni da quella partita che viene ricordata come una delle più belle di tutti i tempi. Il 5 luglio del 1982, ai Mondiali di Spagna, gli azzurri di Bearzot battono 3-2 il Brasile eliminandolo dalla competizione. Quel giorno Leo Junior è in campo insieme agli altri fuoriclasse della Selecao di Telè Santana: Zico, Falcao, Socrates, Eder, Cerezo e via via tutti gli altri. Una tripletta di Paolo Rossi spinge l’Italia in semifinale e alla fine gli azzurri conquistano il Mondiale. Dal 1989, quasi ogni anno Junior trascorre qualche giorno di vacanza a Pescara, dove ha giocato per due stagioni (dall’87 all’89) entrando nel cuore dei tifosi. Da qualche anno commenta le partite per l’emittente brasiliana Rede Globo. Dopo aver seguito la Confederations cup in Russia, ha deciso di fermarsi in Italia facendo un salto in Abruzzo per salutare i vecchi amici.
Junior, 5 luglio 1982. Perché il Brasile stellare perse con l’Italia?
«Non c’è un motivo. Non è vero che volevamo vincere a tutti i costi (al Brasile bastava un pari, ndr). Dal 1982 tutti cercano di attribuire colpe a qualcuno, ma il calcio è così. Abbiamo perso e basta. E poi l’Italia era una gran bella squadra».
Ci spiega il forte legame con Pescara?
«Amo questa città, la gente, la cucina abruzzese e l’aria del mare che ha sempre accompagnato la mia vita. Torno spesso e poi qui c’è il mio amico fraterno Peppino Baldacci che ha battezzato mia figlia».
Come fece la società ad ingaggiarla nel 1987?
«Tutto merito di Vincenzo Marinelli (storico dirigente del Delfino e della Nazionale under 21, attuale presidente onorario del Pescara, ndr) che parlò con Luciano Nizzola, ex ad del Torino, chiedendo la mia disponibilità. Avevo qualche problema con Gigi Radice (ex tecnico granata, ndr) e nell’estate dell’87 arrivò la proposta del Pescara. Mi informai e tutti parlarono bene della città e dell’ambiente. Così, dopo tre anni a Torino, decisi di spostarmi. Ebbi il desiderio di rimettermi in discussione con una nuova sfida, mi sono mosso sempre così nella vita. E, dopo il clima freddo di Torino, mi spostai in un posto splendido con temperature più miti».


I ricordi più belli della sua avventura in Italia?
«La vittoria del primo derby giocato e vinto 2-1 contro la Juventus nel 1984. Segnò Platini, pareggiò Francini e Serena realizzò il gol decisivo al 90’. Poi la salvezza in A con il Pescara (l’unica nella storia dei biancazzurri nella massima serie, ndr). Al di là delle gioie sui campi, sia a Torino che a Pescara ho ricevuto tanto affetto. Gli attestati più emozionanti al Centenario del Toro e nella mia gara di addio al calcio che organizzai all’Adriatico portando tanti giocatori delle Nazionali brasiliana e italiana. L’amore della gente è un qualcosa che porterò per sempre nel cuore».
I tifosi biancazzurri ricorderanno per sempre il Pescara di Galeone.
«Sì, Galeone è stato un grandissimo tecnico. Ci siamo divertiti, abbiamo regalato gioie agli sportivi pescaresi e ottenuto risultati importanti. Non dimenticherò mai le vittorie a Milano con l’Inter e all’Adriatico con la Juve. Abbiamo sempre giocato per vincere. A San Siro col Milan perdemmo, ma Berlusconi a fine partita venne negli spogliatoi per farci i complimenti. Addirittura mi regalò un orologio. Il Napoli di Maradona ci fece otto gol, ma nel primo tempo gli applausi del San Paolo furono tutti per noi».
Ha visto il Pescara di Zeman?
«Ho seguito il primo tempo con la Triestina e mi è piaciuta la fase offensiva, però bisogna registrare la difesa. Il migliore? Brugman. Ha tanta qualità».
Pescara è una città diversa rispetto a 30 anni fa?
«Molto è cambiato, ma la trovo sempre bella. Non vivo qui e non posso giudicare, anche se gli amici mi dicono che gli effetti della crisi economica si sono fatti sentire. E se ci sono pochi soldi l’umore ne risente, un po’ come nel calcio quando mancano i risultati e i tifosi sono delusi. Il denaro non è tutto, ma aiuta a vivere in modo sereno».
Passiamo al Brasile. Com’è la situazione calcistica nel suo Paese?
«A livello tecnico, il Brasile resta un’enorme serbatoio di talenti. Se oggi si giocasse il Mondiale, la Selecao sarebbe una delle favorite. Merito dell’allenatore, Tite, che ha creato un gruppo coeso e dato una precisa fisionomia alla squadra che gioca benissimo».
La stella è Neymar, pagato 222 milioni dal Psg.
«Tutti si sono scandalizzati per la cifra, ma io non credo che gli sceicchi vogliano buttare denaro. Come tutti gli investitori, anche loro mettono soldi con la mano destra per poi riprenderli con quella sinistra. Neymar sarà l’ambasciatore dei Mondiali del 2022 e il ritorno economico per il Qatar a livello di sponsorizzazioni è inimmaginabile. Anzi, mi sbilancio e dico che per me l’affare lo ha fatto lo sceicco. Certo, in apparenza il prezzo è esagerato perché nessuno avrebbe potuto prevedere il pagamento della clausola, però per valutare i riscontri bisognerà aspettare i prossimi cinque anni. Neymar è un fenomeno, per me ha già raggiunto i livelli di Messi e Ronaldo»
E su Pelè cosa ci dice?
«È il più grande di tutti. Un calciatore straordinario che ha fatto la storia di questo sport».
Chi sono i nuovi talenti del Brasile?
«Faccio due nomi: il 19enne Douglas Luiz, centrocampista classe 1998, ex Vasco da Gama, (preso dal Manchester City e girato in prestito al Girona, ndr). L’altro è il 20enne Wendel del Fluminense».
Chiudiamo con una promessa. L’anno prossimo ci rivedremo qui per un’altra chiacchierata sul mare.
«Sarà un piacere. Se Dio vuole sarò di nuovo qui, a Pescara, la mia seconda città».
©RIPRODUZIONE RISERVATA