L’Abruzzo dei poveri tra ruderi abbandonati e dormitori a cielo aperto

Continua il viaggio de Il Centro tra gli ultimi e gli emarginati, come Igor e Mohamed, poveri e affamati, che per combattere il freddo dormono in un vecchio casolare e in un garage incustodito

Ultimi tra gli ultimi, a Trasacco. Poveri, affamati, sempre più infreddoliti. Tra le nebbie del Fucino sempre più gelato. Si chiama Mohamed e dorme in un casale abbandonato. Uno dei tanti in una piana sterminata. Dove una volta le acque prosciugate dai Torlonia coprivano la terra. Maledetta terra. Si muove a fatica trascinando le coperte sotto le quali ha passato la sua notte disperata. Lontano dall'Africa, ricordando come un paradiso il caldo del Marocco, la sua casa. Ha lavorato fino a sera per pochi spiccioli. Come decine e decine di altri suoi connazionali e altri disperati arrivati da ogni angolo del sud del mondo. Ripulendo la terra dalle sterpaglie. La sua maledizione. Come quella di Igor, il moldavo, giunto in Abruzzo per costruire case e guadagnare una paga decente per i figli. Anche lui ha freddo e dalle alture del teramano è sceso fino ad Alba Adriatica. Ha trovato rifugio per la notte in un garage incustodito. Se ne va prima che il padrone si svegli, alla ricerca di un lavoro. Sempre più raro e malpagato.

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DORMITORI A CIELO APERTO. Trasacco, Alba. E poi Teramo, Chieti e L'Aquila. Sulle tracce della disperazione. Partendo da Pescara, dove Il Centro ha iniziato questo viaggio nella disperazione degli emarginati, degli immigrati, dei nuovi poveri. Immigrati arrivati da Paesi lontani ma anche tanti nostri connazionali. Vittime della crisi e della disoccupazione. Mendicanti ovunque, senzatetto che dormono all'aperto nella zona della stazione ferroviaria e in pieno centro, perfino sotto i portici di piazza Salotto. E poi edifici abbandonati al degrado e occupati da chi non ha una casa. O da tossicodipendenti in cerca di un posto lontano da sguardi indiscreti. Sono i mille volti della povertà e della disperazione che ormai affollano tutti gli angoli della città, comprese le vie dello shopping. Con l'arrivo del freddo gli edifici vecchi e disabitati vengono presi d'assalto da chi cerca un po' di tepore e si accontenta di vivere in condizioni igienico-sanitarie indicibili. Qualcuno si è rifugiato persino negli spazi, minuscoli, di una locomotiva storica che fa bella mostra di sé a fianco alla vecchia stazione ferroviaria. In mancanza di un posto caldo dove stare, molti trascorrono la notte sotto le stelle, fuori dalla stazione, sul ciglio della strada. Allestendo letti prêt-à-porter insudiciati che di giorno vengono smantellati e nascosti chissà dove. Le operazioni di sgombero e pulizia, che pure vengono realizzate dalla polizia municipale e dalla società Attiva, hanno solo un effetto tampone. Perché, prima o poi, i disperati tornano. Insieme al degrado.

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IN FILA ALLA CARITAS. Da Pescara a L'Aquila, sono tanti nella diocesi del capoluogo abruzzese i senzatetto ospitati nelle strutture e nelle parrocchie facenti capo alla Caritas. La maggior parte è composta da stranieri, un quinto circa gli italiani. «La Caritas offre loro cibo e ricovero, nelle strutture diffuse su tutto il territorio», spiega il referente, don Massimiliano De Simone. «Da Sella di Corno fino a Ovindoli, da Navelli alla Valle Subequana fino a Molina Aterno» racconta, «cerchiamo di aiutarli quotidianamente, togliendoli dalla strada». Già, la strada. Dove, ad Avezzano, i clochard vivono di espedienti e dormono intorno alla stazione, sulle panchine e spesso anche sui treni. Si muovono tra la zona di piazza Matteotti e la Caritas della Curia diocesana, dove si mettono in fila in attesa del pranzo delle 12. Sono circa 70 ogni giorno quelli che si siedono a tavola. Ma c'è anche chi, dopo aver lavorato per mesi nei campi del Fucino, si rinchiudono nelle ex case cantoniere o addirittura sotto i ponti dove si sistemano per dormire tra coperte e cartoni. Sono per lo più marocchini, costretti a fare i conti con l'inverno marsicano. Basta spostarsi di qualche chilometro, fino a Sulmona, e il fenomeno assume connotati ancora diversi. Case di pochi metri quadri abitate da decine di persone, sfollati del sisma del 2009 ancora ospiti di parenti e amici. Qui è anche questa l'emergenza abitativa. A parte qualche caso isolato, non ci sono veri e propri senza tetto stanziali. «Si tratta di una situazione difficile da decifrare» fa notare il vescovo Angelo Spina. «Noi con la Caritas assistiamo tantissime persone con difficoltà abitative, come dimostrano le graduatorie infinite delle case popolari, ma c'è un riserbo delle persone che non ci consente conteggi precisi».

ULTIMA FERMATA

Nel Teramano, l'emergenza riguarda soprattutto la costa. Se nel capoluogo i senza fissa dimora accertati sono soltanto cinque, secondo i dati reperiti tramite la Caritas diocesana, che però non dispone di cifre complessive definite, sono invece una trentina gli homeless che trovano un alloggio per la notte in auto o nelle sale d'attesa delle stazioni in riva all'Adriatico. A Giulianova, in particolare, se ne contano una quindicina che si arrangiano dormendo in edifici abbandonati o in ripari di fortuna. Addirittura nei bagni del Santuario della Madonna dello Splendore. Altri preferiscono le stazioni ferroviarie di Roseto e Alba Adriatica. Sono soprattutto stranieri ma non manca neppure qualche italiano. Anche loro si trascinano il pesante fardello di storie difficili. Hanno perso tutto. A cominciare dalla casa. Quel rifugio che ora sono costretti a cercare giorno dopo giorno.

RABBIA AGLI ANTIPODI

Ma se la povertà unisce in destini tragici e drammatici, l’integrazione ricco-povero resta complicata. Da qui la rabbia e i conflitti anche tra italiani e nuovi arrivati. Fino a segnare episodi clamorosi. Eccoci infatti scendere lungo la costa, verso Vasto, dove l'eco della protesta è ancora forte. Il 4 giugno, a Torino di Sangro, gli immigrati del centro d'accoglienza contestano il servizio catering. Portano cassonetti, reti metalliche, tronchi e pneumatici sulla Statale poco prima del ponte sul Sangro e improvvisano un sit-in contro il “riso scotto” bloccando la circolazione stradale. E' il primo di una serie di atteggiamenti di insofferenza da parte degli extracomunitari. Il 4 agosto è la volta di Campli. Altro sit-in davanti alla caserma dei carabinieri: vogliono contanti al posto delle tessere telefoniche. Il 10 ottobre tocca a Fossacesia: in quattro litigano nel centro Sprar con gli operatori, poi raggiungono il centro cittadino scatenando le proteste dei cittadini. Un'escalation, figlia della convivenza difficile tra italiani e immigrati. Che raggiunge l'apice con l’ episodio che, solo qualche giorno fa, ha sconvolto Atessa. Dove la testa mozzata di un capretto in un pacco sospetto, viene recapitato al centro accoglienza il Mulino. Scattano le indagini per procurato allarme. Il sindaco, Nicola Cicchitti, parla di «fatto vergognoso e miseria umana». Figlia di quell’integrazione troppo spesso sbandierata. E che, in molte realtà, si rivela, infine, impossibile.

Flavia Buccilli

Gennaro della Monica

(Hanno collaborato Eleonora Berardinetti, Paola Calvano, Michela Corridore, Federica Pantano)

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