L'inchiesta: una turbina rotta da 12 giorni e l'altra ferma nel parcheggio

I primi testimoni rivelano: nessun mezzo a Rigopiano e uno lasciato spento a Penne. L'ansia dei clienti dopo le scosse, la mail del direttore: "Sono terrorizzati, vogliono stare fuori"

PESCARA. Nel giorno della valanga sull’Hotel Rigopiano, una turbina della Provincia di Pescara avrebbe dovuto ripulire la neve proprio nella zona del resort di Farindola. Ma è stato impossibile: quella turbina è rotta dal 6 gennaio scorso ed è ferma in un’officina. Un’altra turbina sarebbe stata pronta a intervenire già dal primo pomeriggio dello stesso mercoledì ma è rimasta ferma a Penne in attesa di ordini che non sono mai arrivati. Sembra una favola e, invece, lo hanno raccontato i primi testimoni chiamati dai carabinieri del Nucleo investigativo e dai forestali. L’inchiesta, per omicidio colposo plurimo e disastro colposo, punta dritta alla strada bloccata da un muro di neve. Quel muro che ha rallentato la corsa dei soccorsi. Turbina rotta e strada bloccata: la procura va a caccia dei responsabili. E presto potrebbero partire i primi avvisi di garanzia. Quello che è successo dopo le scosse di terremoto della mattina e prima della slavina (intorno alle 17) è scritto nella mail spedita dall’amministratore dell’albergo Bruno Di Tommaso alla Provincia, alla Prefettura, alla polizia provinciale e al Comune di Farindola intorno alle 13. La mail, sequestrata dagli investigatori, racconta la paura dei clienti: «I clienti sono terrorizzati dalle scosse sismiche e hanno deciso di restare all’aperto. Abbiamo cercato di fare il possibile per tranquillizzarli ma, non potendo ripartire a causa delle strade bloccate, sono disposti a trascorrere la notte in macchina. Con le pale e il nostro mezzo siamo riusciti a pulire il viale d’accesso, dal cancello fino all ss 42». E poi, «chiediamo di predisporre un intervento al riguardo». I racconti dei testimoni dicono che la Provincia ha due turbine: una a Passo Lanciano e l’altra a Rigopiano. Ma la turbina di Farindola è rotta dal 6 gennaio scorso e la Provincia non avrebbe i soldi per aggiustarla: una cifra compresa tra 10 e 25 mila euro. E, dal 6 fino al 18 gennaio, giorno della tragedia, nessuno ha pensato di sostituire quel mezzo con un altro e lasciando scoperta la zona di Farindola. Nonostante l’allerta meteo della Protezione civile sulle forti nevicate in arrivo; nonostante l’allerta valanghe che a partire da lunedì scorso segnala un pericolo sempre crescente; nonostante le scosse di terremoto del 18 gennaio che a Farindola si sono sentite forti. Dodici giorni di niente, poi, la tragedia. Eppure, proprio nella mattinata di mercoledì, un’altra turbina, dell’Anas, ha spalato neve anche nell’area vestina, lungo la strada statale 81 a Penne che è di competenza dell’Anas. Poi, in attesa di indicazioni dalla Prefettura di Pescara, nel primo pomeriggio, la turbina è rimasta ferma nel parcheggio della casa cantoniera di Penne. Impossibile non notarla e così hanno riferito i testimoni agli inquirenti. Se fosse stata avvertita, la turbina dell’Anas avrebbe potuto pulire in tempo anche la strada per Rigopiano? Forse sì: secondo l’Anas, nella stessa giornata, la turbina ha lavorato anche a Guardiagrele, Bucchianico, Fara Filiorum Petri, Pianella e, infine, a Penne. Farindola dista da Penne 20 chilometri. Ieri mattina, il procuratore capo Cristina Tedeschini e il pm Andrea Papalia sono andati sul luogo della tragedia, accompagnati dal comandante del Nucleo investigativo dei carabinieri Massimiliano Di Pietro e dal tenente colonnello dei carabinieri forestali Annamaria Angelozzi. Una visita per studiare di persona l’albergo distrutto dalla slavina. «È una ferita grande per l’Abruzzo, questi sono morti nostri». Poi, la Tedeschini ha parlato del rischio valanghe e del conseguente disastro colposo: «Le valanghe sono cicliche: prima o poi ritornano. Ci sono luoghi dove le valanghe sono elemento costituente. Ecco perché bisogna capire cosa sia stato fatto al di là del semplice censimento del rischio, ossia: chi censisce i rischi e come li gestisce. Il solo censimento di un luogo a rischio valanga potrebbe non bastare». Il pm Papalia ha conferito al medico legale Ildo Polidoro l’incarico delle autopsie. (p.l.) ©RIPRODUZIONE RISERVATA