L’ora delle responsabilità perché il disastro non si ripeta

L'editoriale del direttore del Centro dedicato all'emergenza in cui è precipitato l'Abruzzo. Tra eventi naturali, imprevidenza e improvvisazione

Manca la luce. Manca il gas. Manca l’acqua. E interi paesi isolati. Scuole chiuse, ospedali in difficoltà, fabbriche ferme. E’ quello che accade in Abruzzo, tra la rabbia dei cittadini utenti e l’incredulità generale... Questo scrivevamo mercoledì 18 gennaio. Tenendo presente l’eccezionalità dell’ondata di maltempo che stava colpendo la regione. E con i telefoni intasati dalle proteste dei lettori, le richieste di aiuto, le segnalazioni delle emergenze. Un vero grido di dolore che si levava da ogni parte delle quattro province. “E' un vero scandalo la lista dei disservizi arrivata al nostro giornale, al sito e sui nostri social”, aggiungevamo. Per denunciare la situazione nella quale buona parte dell'Abruzzo era stata precipitata. Dagli eventi naturali, certo, ma anche dall'imprevidenza, l'improvvisazione delle grandi compagnie che gestiscono servizi essenziali nel nostro Paese e della stessa Pubblica amministrazione.

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Un autentico disastro, anche se il peggio doveva ancora venire. Sotto le forme di quella grande tragedia che è stata poi la slavina di Rigopiano, che in pochi secondi si è portata via una delle più celebri strutture alberghiere della regione insieme alla vita di 29 persone. E sotto le insegne dell'elicottero del 118 schiantatosi intorno a Campo Felice.

Abbiamo lavorato in questi giorni per seguire lo sforzo generoso degli operatori - vigili del fuoco, Cai, Guardia di finanza, carabinieri, volontari, eccetera - impegnati nelle operazioni di salvataggio sulle montagne di Farindola o in quelle di soccorso nelle situazioni più disparate. Evitando ogni polemica e rimandando al momento opportuno l'analisi sulle cause dell'accaduto e la ricerca delle responsabilità per l’incredibile debacle registra dall’Abruzzo. Reso onore ai morti, superata l'emergenza, consapevoli della gravità dei momenti che la regione sta attraversando e raccogliendo persino l'invocazione che il vicepresidente del Csm Giovanni Legnini ha voluto lanciare ieri all'apertura dell'anno giudiziario dell'Aquila per un nuovo patto in grado di “suscitare lo spirito necessario per la ricostruzione materiale e morale” dell'Abruzzo, diciamo adesso che quel momento è arrivato. Un momento importante per avviare quel serio lavoro di ricognizione sull’accaduto e le responsabilità. Al fine soprattutto di evitare il ripetersi di altri disastri e mettere magari a punto strategie in grado di accompagnare l'Abruzzo sulla strada dell’efficienza e della modernizzazione.

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Un lavoro necessario, indispensabile pure per dare una risposta al bisogno di informazione, alle domande di chiarimento che i cittadini continuano a formulare. Ma anche per chiedere un’assunzione chiara di responsabilità da parte di tutti i soggetti, pubblici, privati, politici, coinvolti negli avvenimenti degli ultimi dieci giorni.

E' questo il senso del nostro titolo di prima pagina. Già, adesso, chi paga? Un interrogativo che non va scambiato per basso giustizialismo. Al contrario, è e vuole essere un richiamo etico, culturale, a quella assunzione di responsabilità che da sola potrebbe diradare le nebbie del pressappochismo nelle quali la nostra democrazia e i suoi pubblici apparati sembrano volersi perdere. Chi paga per i disservizi elettrici che hanno ridotto al freddo e al buio centinaia di migliaia di persone? Chi paga per la chiusura di tante aziende? Chi paga per la mancanza dei servizi telefonici? E per i blocchi stradali da neve e ghiaccio, compreso quello registratosi verso Rigopiano, chi paga? E per gli allarmi neve, le turbine in panne, le richieste di aiuto non raccolte dai centralini dello Stato e le altre tante nefandezze ormai scolpite nella testa dei cittadini, chi paga? Ecco, chi ha fatto o non ha fatto cosa. Questo bisognerà sforzarsi di stabilire, questo lavoro vogliamo provare a fare. Continuando a indagare su tutti i fronti, documendandoci. E aprendo il giornale a tutti i contributi dei cittadini e dei lettori.