Legge elettorale, il governo pone la fiducia: è caos  

Mattarella: «Positivo un ampio consenso». L’allarme Di Maio: «È emergenza democratica»

ROMA. Su pressing di Pd e Ap il governo decide la fiducia sul Rosatellum 2.0 per scavalcare gli oltre 100 voti segreti che avrebbero affossato la legge sotto i colpi dei franchi tiratori, molti nelle file della maggioranza. Una decisione che scatena in aula e in piazza M5s e Mdp che gridano all'«atto eversivo», mentre Fi e Lega non voteranno le 3 fiducie sugli articoli ma diranno sì al voto finale sulla legge, che sarà segreto. In un clima già infuocato, con urla in aula e M5s e Mdp che annunciano una mobilitazione permanente nelle piazze, si voterà oggi e giovedì, e non si esclude una appendice venerdì. Poi la legge passerà al Senato dove non dovrebbe avere problemi, visto che non sono ammessi voti segreti.
Dopo aver valutato tutte le strade, tra tattiche parlamentari e «canguri» per far decadere gli emendamenti, il Pd ha capito che l'unico modo sicuro per far approvare la riforma elettorale era chiedere al governo di porre la questione di fiducia sulla legge. Dopo una serie di contatti con Palazzo Chigi e il Quirinale e alla fine anche dell’ultima riunione della coalizione di governo, il capogruppo del Pd alla Camera Ettore Rosato comunica al premier Paolo Gentiloni che «è opportuna la fiducia per salvare l'equilibrio» del testo raggiunto tra maggioranza e opposizione.

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Il Quirinale, poco prima del Consiglio dei ministri che «blinda» la legge elettorale, fa sapere di «considerare positivo l'impegno» a fare la riforma con «largo consenso», senza entrare nel merito del Rosatellum e nella scelta di decidere la fiducia. L'ultima offerta a Mdp e M5s di ritirare i voti segreti per evitare la fiducia arriva già a tempo scaduto. «Mettere la fiducia sulla legge elettorale a pochi giorni dallo scioglimento delle Camere è oltre i limiti della democrazia», si infuria Roberto Speranza per una decisione che ha l'effetto di compattare la sinistra del Pd, dagli ex Dem a Si fino a Campo Progressista di Giuliano Pisapia e Possibile di Civati, oggi pomeriggio tutti in piazza al Pantheon. «Siamo in piena emergenza democratica», si indigna il candidato premier M5s Luigi Di Maio. «In piazza contro il colpo di Stato istituzionale», incita Alessandro Di Battista che però, uscendo in piazza Montecitorio, sbaglia sit in, arriva tra i sostenitori dell'ex generale Pappalardo e viene fischiato. La bagarre scoppia subito in Aula quando la ministra Anna Finocchiaro annuncia l'intenzione del governo. Urla di «Venduta, venduta» all'indirizzo della presidente della Camera Laura Boldrini, lancio di rose verso i banchi del governo, seduta sospesa. «I due partiti che oggi contestano la riforma elettorale chiedendo il proporzionale, sono gli stessi che hanno affossato il modello tedesco che era proporzionale», contrattaccano dal Pd. Ma la decisione della fiducia e anche alcuni punti del Rosatellum creano malumori all'interno del Pd. Annuncia che non voterà la fiducia il lettiano Marco Meloni e dubbi arrivano anche dall'ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che chiede di cancellare l'indicazione del capo politico al momento della presentazione delle liste dei partiti.