I fondi raccolti durante la festa del suo compleanno: una donazione invece del solito regalo

Leo, dalla movida all'Africa

Il ristoratore Sfamurri in missione benefica per il Senegal

PESCARA. Chi nel giorno del proprio compleanno non vorrebbe ricevere regali, tanti regali? Un cellulare, un jeans di tendenza, un gioiello. Alzi la mano chi direbbe di no. Beh, qualcuno lo ha fatto. Niente regali, ma opere di bene. Suona strano, ma è proprio così.

Si parla di un ragazzone alto dal sorriso allegro incastonato tra un pizzetto sempre ben curato. E' Leonardo Sfamurri, meglio conosciuto come Leo, ristoratore e imprenditore del mondo della notte, che da poco ha compiuto 31 anni. Si parte dal giorno in cui ha spento le 31 candeline. Leo organizza una festa "Leo and Friends" in uno dei tanti locali d'intrattenimento con cui collabora e mette il divieto tassativo di portare regali.

Già, proprio così. Apre un conto corrente e invita tutti gli amici a versare una cifra simbolica per una missione benefica in Senegal. Raccoglie alcune migliaia di euro e il resto li mette lui di tasca propria. Alla fine sono oltre 10mila gli euro raccolti. Nell'elenco dei benefattori figurano anche nomi di spicco del mondo dello sport. Oltre ai nostri piloti Trulli e Liuzzi e al cantante Mazzocchetti , ci sono i calciatori di serie A Matteo Paro, Daniele Gastaldello e Cesare Bovo, amici di Sfamurri. «Perché vi meravigliate per quello che ho fatto?», dice Leo.

E' timido, quasi si vergogna a parlare di una cosa che difficilmente accade tra i ragazzi cosiddetti normali, spesso affascinati dal lusso sfrenato più che dalla beneficenza. Raccolti i soldi lui e la sua compagna Laika fanno i biglietti, pagati di tasca propria, per il Senegal, direzione Koungheul, a 600 chilometri dalla capitale Dakar. Niente donazioni alle associazioni umanitarie.

I due ragazzi partono, con valigie piene di vestiti e alimenti da portare a uno dei tanti villaggi più poveri del continente nero. «Arrivati a destinazione abbiamo subito conosciuto padre Pierfrancesco, missionario dell'Omi, con cui mi ero messo in contatto tramite padre Nicola con l'aiuto della parrocchia Sant'Andrea di Pescara», racconta. «All'inizio volevamo contribuire a completare una scuola per i ragazzi del villaggio, ma ci sono stati problemi e abbiamo optato per altro. Abbiamo comprato tonnellate di semi da coltivare, oltre a tutti gli attrezzi per l'agricoltura, come aratri e dodici muli per trainarli. Volevamo cercare di farli lavorare per ricevere sostentamento da quello che coltivavano e ci siamo riusciti. Senza dimenticare il cibo che siamo riusciti a comprare direttamente lì».

Leo ha la pelle d'oca quando mostra le foto scattate sotto un sole che faceva arrivare la temperatura a 45 gradi. «Ho visto delle cose che nemmeno in tv possiamo capire. Si ammalano centinaia di bambini e spesso muoiono per la fame e malattie. Li non c'è acqua potabile e ogni giorno per dissetarsi devono fare oltre 30 chilometri a piedi per arrivare all'unico pozzo della zona. Ho cercato delle bottiglie d'acqua minerale, ma sono davvero poche».

Leonardo ha subìto anche le cattiverie di alcuni pescaresi. «Alcuni mi hanno anche detto che non sarei mai andato in Senegal per fare quello che ho fatto, credendo che quei soldi fossero scomparsi. La cattiveria di certa gente non ha limiti. Li invito tutti la prossima volta a venire con me. Rimarranno segnati per quello che vedranno, come è successo a me e alla mia ragazza». Prossima missione Uruguay.

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