I medici impegnati in campo nei soccorsi a Morosini

Morosini, morte in campo: i giudici d'appello confermano le condanne ai tre medici

Il calciatore 26enne morì sul campo dello stadio Adriatico il 14 aprile 2012: un anno al medico del 118 e otto mesi ciascuno ai medici del Pescara e del Livorno

L'AQUILA. La Corte d'Appello dell'Aquila, presieduta dal giudice Luigi Catelli, ha confermato tutte le condanne emesse nell'ambito della sentenza di primo grado in relazione alla morte del calciatore del Livorno Piermario Morosini, deceduto sul terreno di gioco dello Stadio Adriatico di Pescara il 14 aprile 2012 a 26 anni, durante l'incontro di calcio Pescara-Livorno. Restano dunque invariate le condanne a un anno per il medico del 118 di Pescara Vito Molfese e a otto mesi ciascuno per il medico sociale del Livorno Manlio Porcellini e per il medico del Pescara Calcio Ernesto Sabatini. Il giudice ha inoltre escluso tra i responsabili civili la Asl di Pescara, in quanto l'ente non ha partecipato all'incidente probatorio.

leggi anche: Il giudice: «Morosini poteva sopravvivere Ecco perché ho condannato i tre medici» PESCARA. I medici «erano tenuti all'uso del defibrillatore» e, qualora fosse stato utilizzato, la probabilità di salvare Piermario Morosini sarebbe stata «intorno al 60/70 per cento». Così nelle...

Confermata, invece, la responsabilità civile per il Pescara Calcio. Il procuratore generale Ettore Picardi aveva chiesto una riduzione della condanna a otto mesi per Molfese, ritenendo che gli spettassero le attenuanti generiche, mentre aveva chiesto la conferma della condanna a otto mesi emessa in primo grado a carico di Porcellini e Sabatini. Il legale di Molfese, Alberto Lorenzi, ha annunciato che presenterà ricorso in Cassazione. «Bisogna riflettere e leggere le motivazioni - ha commentato Lorenzi -. Attendiamo di vedere se la sentenza d'appello potrà darci quelle risposte che in primo grado non ci sono state date, ma restiamo convinti che non ci siano elementi per considerare responsabile il medico del 118, che non effettuò la presa in carico e che nessuno, neanche oggi, è riuscito a spiegare i motivi per i quali sarebbe dovuto intervenire».