Morti a Rigopiano: 110 richieste di danni 

Anche Inail e Codacons vogliono entrare nel processo, sì dei pm

PESCARA. «Giudice, sono due anni e mezzo che aspettiamo. Facciamo il prima possibile. A settembre va bene, altrimenti prima». La voce di Giampaolo Matrone, uno dei superstiti della tragedia di Rigopiano, risuona forte e chiara nell'aula dei maxi processi gremita di gente, utilizzata proprio per ospitare una platea così ampia ed eterogenea. È la prima udienza davanti al gup Gianluca Sarandrea del procedimento madre sul disastro dell'hotel Rigopiano che il 18 gennaio del 2017 venne spazzato via da una valanga e dove persero la vita 29 persone. La tensione fra le tante parti offese e i loro familiari, è palpabile. L'intervento di Matrone, che in quel disastro perse la moglie Valentina Cicioni, partiva dall'area riservata al pubblico, proprio davanti a quella fila di magliette riproducenti il volto di tutte e 29 le vittime: un intervento che è stato comunque prontamente bloccato sul nascere dal giudice che ha tenuto saldamente in mano la delicata udienza di ieri, e che faceva seguito alla data di rinvio dell'udienza che il gup stava cercando democraticamente di concordare, per quanto possibile, con l'ampia folla di difensori degli indagati e delle parti offese. «Non facciamo scenate di questo genere», ha risposto il giudice, «stiamo cercando di fare il possibile per accorciare i tempi. E comunque non tollererò più altri interventi del genere». L'udienza è stata poi aggiornata al 27 settembre prossimo e non poteva essere diversamente visto che la mattinata è andata via soltanto per verificare la presenza delle parti (imputati e parti offese) e soprattutto per raccogliere le costituzioni di parte civile. Al termine dell'udienza se ne contavano circa 110 ed è questo il motivo per cui il nutrito collegio difensivo non ha potuto far altro che chiedere i termini a difesa per poter prendere visione di ciascuna delle costituzioni. Fra queste, oltre a quelle scontate delle parti offese (non tutte, peraltro, in quanto anche in questo caso i legali hanno messo in campo una certa strategia, decidendo di presentarne altre direttamente in sede civile), ci sono state quelle del Comune di Farindola, e quelle delle Associazioni Codacons e Cittadinanzattiva e dell'Inail. La pubblica accusa, rappresentata dal procuratore Massimiliano Serpi e dal sostituto Andrea Papalia, non ha avuto nulla da obiettare sulle costituzioni, anche se qualcuna di queste, e in particolare quelle delle associazioni, potrebbero trovare la resistenza del collegio difensivo. Dei 24 imputati, oltre alla società Gran Sasso Resort quale persona giuridica, erano presenti soltanto in sette. Il sindaco di Farindola Ilario Lacchetta, che al termine dell'udienza non ha voluto rilasciare nessuna dichiarazione ai giornalisti; gli ex sindaci dello stesso paese, Massimiliano Giancaterino e Antonio De Vico; il dirigente regionale Pierluigi Caputi; e poi Paolo Del Rosso, Carlo Visca e Giuseppe Gatto. Il procedimento all'attenzione del gup, che dovrà decidere sul rinvio a giudizio avanzato dall'accusa, sempre che in corso d'opera non vengano presentate richieste di riti alternativi, è imperniato in particolare su tre aspetti: sulla mancata realizzazione della carta valanghe, uno dei cavalli di battaglia della difesa Lacchetta; sulle presunte inadempienze relative a manutenzione e sgombero delle strade di accesso all'hotel e sulla tardiva attivazione del centro di coordinamento dei soccorsi. I reati ipotizzati vanno, a vario titolo, dal crollo di costruzioni o altri disastri colposi all'omicidio e lesioni colpose plurime, dall'abuso d'ufficio al falso ideologico. E nel corso della prossima udienza il gup dovrebbe decidere sull'ammissione delle parti civili. «Le prime impressioni», ha detto l'avvocato Romolo Reboa, che assiste quattro famiglie e quindi una ventina di parti offese, «sono di un giudice capace di gestire un'udienza così difficile dal punto di vista tecnico e non solo. Oggi ha dimostrato di avere polso e fermezza, ma anche comprensione e umanità». L'avvocato Wania Della Vigna, legale della famiglia di Sara Angelozzi, altra vittima di Rigopiano, ha detto: «Sono soddisfatta per i tempi celeri, considerata la complessità del processo e la presenza di oltre cento parti civili. Attendiamo la prossima udienza e poi anche le chiamate dei responsabili civili, per integrare il processo in tutta la sua interezza. Il rinvio a breve dimostra anche la particolare attenzione della magistratura su questo evento così drammatico». Matrone è tornato invece sull'udienza per affermare che «è stata una giornata emozionante e logorante. Ero contrario a rinvii di 3 o 4 mesi: questo non ci sta bene anche perché a oggi non abbiamo ricevuto una telefonata da nessuno per qualsiasi cosa, neanche per una vicinanza. Perciò, loro non hanno avuto pietà di noi e noi di loro. Aspettiamo anche di valutare la questione delle opposizioni alle archiviazioni».