il reportage

Nel paese tradito dalla sua montagna

Bar, macelleria, fruttivendolo, lavanderia: «Senza il resort niente è più come prima»

FARINDOLA. Si sentono traditi i farindolesi che alla montagna di Rigopiano, alla loro montagna, hanno legato a doppia mandata i loro ricordi più belli. L’infanzia, i primi campeggi, le scampagnate a Ferragosto, gli arrosticini sulla neve, le camminate fino a sopra, a piedi d’estate e con le ciaspole d’inverno. «Ecco è da lì che si è staccata la valanga», indica Angelo Acerbo, «è stato come se il diavolo l’ha guidata con lo sterzo, perché il corso del canalone portava fuori dall’hotel e invece è come se ha sterzato due volte il suo percorso, e poi dal piazzale ha preso la rincorsa e si è portato appresso il faggio secolare che abbiamo visto tutti nelle foto, che si è conficcato sull’albergo come a dire qui non ci deve stare più nessuno».

«L’aria è pesante», dice sulla porta d’ingresso della sua frutteria una commerciante di piazza Mazzocca, la piazza del Comune. «Tra parenti e amici siamo stati tutti coinvolti da questa tragedia. Ognuno di noi ha parenti e amici coinvolti. Come si può ripartire? È stata una cosa troppo, troppo pesante». Lo dice guardando i bambini che giocano, segni di speranza come gli anziani che sono tornati a giocare a carte al bar dell’Orsetto. Illusione di una normalità che ancora manca, come sottolinea il titolare del bar Domenico Dell’Orso: «Senza l’albergo non sarà più come prima, era una cosa bellissima, chi la farà più una cosa del genere a Farindola? È cambiato tutto per questo paese. Senza contare quei ragazzi che qua passavano sempre».

Un’aria di mestizia e dolore che respirano anche gli ambulanti che come ogni venerdì sono a Farindola, a fare il mercato. «L’aria è cambiata», racconta un commerciante che arriva da Bisenti e che pure conosceva Luana Biferi, un’altra delle dipendenti del resort uccise dalla valanga, «si lavora ma si sente il peso di queste settimane».

«Vedremo quest’estate che cosa succederà», dice il macellaio di via Roma, «sicuramente senza l’albergo ne risentiremo tutti, qui era un via vai comunque di persone». Ma chi davvero si ritrova con le gambe spezzate è Marcello Cantagallo, della lavanderia Bolle blu che lavorava esclusivamente per il resort. «La nostra attività era dedicata esclusivamente all’albergo, gli davamo anche il noleggio di tutta la biancheria, compresi gli accappatoio per la spa con il logo. È andato tutto perso, un danno di circa 200mila euro, oltre al fatto che adesso non sappiamo come ripartire. Davamo lavoro a quattro persone, e non potendo fare tutto ci appoggiavamo anche a un’altra lavanderia di Farindola. Un disastro per tutti. La voglia di ripartire c’è. Speriamo».

(s.d.l.)

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