Nella scuola di frontiera a lezione di regole  

Teresa Ascione, preside del comprensivo 1: «Ci sono genitori che portano i figli quando vogliono»

PESCARA. L’integrazione è ancora lontana nei quartieri difficili. La difficoltà di presidi e docenti è fare accettare le regole dell’istituzione scolastica. La mancanza di regole fa lievitare l’arroganza e l’assenza di disciplina e cultura. Gli effetti di questa miscela esplosiva sono quelli visti in tv a Rancitelli nei giorni scorsi con aggressioni, schiaffi e spintoni ai danni dei cronisti. Come si vive nei quartieri a rischio? Quali sono i compiti di scuola e famiglie, istituzioni deputate all’educazione delle future generazioni?
L’analisi di Teresa Ascione, preside del comprensivo 1 (7 plessi, 132 docenti, 750 studenti) che opera nelle realtà di frontiera tra San Donato e Rancitelli.
Quali sono le difficoltà che incontra la sua scuola ogni giorno?
È difficile raccontare la nostra scuola. Sono arrivata da pochi mesi e ho trovato una realtà straordinaria con i docenti che hanno una grande competenza professionale. Ma la nostra è una utenza difficile, abbiamo spesso difficoltà a far accettare le regole dell’istituzione scolastica. Ogni giorno ci confrontiamo con la profondità e la complessità del problema integrazione, la differenze tra gli esseri umani le “costruiscono” gli adulti. Rom, sinti, romanì, extracomunitari sono parole di grande impatto emotivo che possono essere usate a fini divisivi. I bambini non avvertono diversità e noi siamo bravi a spegnere sul nascere ogni focolaio dovesse originarsi.
Ci spieghi con un esempio pratico.
Capita spesso che la mattina i genitori accompagnino i figli a scuola tardi, senza alcun rispetto per gli orari di ingresso. Arrivano quando vogliono. In questo modo diventa difficile educare al rispetto delle regole e degli altri. La scuola, per funzionare, ha bisogno del coinvolgimento delle famiglie che non devono remare contro le istituzioni. Questa situazione produce il crollo dell’autorevolezza degli insegnanti e i bambini vivono una realtà dicotomica che li danneggia e li confonde, perché se la scuola li introduce alle regole, in casa respirano l’assenza di disciplina. Comprendiamo che ci sono famiglie che devono fare i conti con la povertà, pressate da altri problemi, nelle quali la sopravvivenza diventa problema primario da affrontare. Accade che qualche adolescente porti con sé, nelle aule scolastiche, la bolla di rabbia e risentimento che può originare in famiglie duramente provate. Ma i nostri docenti, in collaborazione con oratori, parrocchie e associazioni di volontariato, affrontano queste problematiche in maniera stupefacente. Il malessere interiore e sociale degli individui produce quei fenomeni che abbiamo registrato in questi giorni.
Fenomeni che spiegano anche la dispersione scolastica?
A dir la verità, nelle nostre scuole il tasso di abbandono scolastico si è notevolmente ridotto negli ultimi anni, grazie all’ottimo lavoro della collega che mi ha preceduto, la preside Mariella Centurione, che ha ben operato con progetti mirati e di successo per contrastare il fenomeno.
Di cosa, dunque, hanno bisogno le scuole di frontiera?
Hanno bisogno di risorse umane e finanziarie per poter tradurre in termini operativi attività pedagogiche e didattiche per formare le future generazioni. Noi ce la stiamo mettendo tutta con docenti e psicoterapeuti che hanno competenze eccellenti e che si confrontano ogni giorno con queste realtà al limite.
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