Finanzieri al Babylon Cafè di Roma

Operazione antimafia in quattro regioni con 23 arresti: blitz anche Pescara

Carabinieri e finanzieri su richiesta della Dda di Roma stanno procedendo al sequestro di 280 milioni di euro di beni tra bar, ristoranti, pizzerie, sale slot, immobili e società

ROMA. Arresti e sequestro di beni da 280 milioni di euro a Roma: anche bar, ristoranti, pizzerie e sale slot. I carabinieri del Comando provinciale di Roma stanno eseguendo una ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 23 persone ritenute responsabili a vario titolo di appartenere a due associazioni a delinquere finalizzate a estorsione, usura, riciclaggio, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita e il fraudolento trasferimento di beni o valori. I carabinieri, nel corso di un'operazione condotta anche con la partecipazione dei finanzieri del locale Nucleo di Polizia Tributaria, stanno eseguendo nelle province di Roma, Napoli, Milano e Pescara un'ordinanza di custodia cautelare, emessa dal gip di Roma su richiesta della locale Dda nei confronti di 23 persone. Decine le perquisizioni. La maxi-operazione scaturisce da un'indagine dei carabinieri denominata "Babylonia", su due sodalizi criminali "in vertiginosa crescita" sul territorio capitolino, con base a Roma e Monterotondo.

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I sequestri. Duecento ottanta milioni di euro, tra immobili (261), conti correnti e 54 società, oltre ad una rete di locali notturni. Tra questi uno dei centri della movida romana, il Macao di via del Gazometro e la catena di bar Babylon cafe. Holding in mano al livello strettamente mafioso, retto da Gaetano Vitagliano, detto Nino, personaggio di spicco del narcotraffico internazionale e ritenuto contiguo al clan camorrista Amato-Pagano, conosciuto come il gruppo degli “scissionisti”, radicato nella zona nord di Napoli, con un passato vicino al clan Mazzarella.

Un boss a Pescara. Una seconda ordinanza di custodia cautelare – eseguita sempre oggi dai Carabinieri di Roma – ha colpito il gruppo criminale capeggiato da Giuseppe Cellamare, boss della Sacra Corona Unita con affari a Pescara e in Abruzzo, legato a Vitagliano attraverso l’imprenditore romano Andrea Scanzani (anche lui arrestato), ritenuto dalla Procura uno dei principali ganci economici utilizzati per riciclare i soldi arrivati dal narcotraffico. Cellamare negli anni ’90 era un elemento di spicco della malavita barese. Diventa collaboratore di giustizia e trasferisce la sua residenza a Monterotondo, comune dell’hinterland romano. Dopo aver lasciato circa dieci anni fa il programma di protezione ha iniziato ad utilizzare la sua fama criminale, occupandosi di recupero dei crediti delle estorsioni e di usura. Nel suo gruppo ha inserito i suoi vecchi uomini di fiducia, specializzati nel compiere spedizioni punitive violente contro le vittime dell’usura e delle estorsioni. Chi non pagava si trovava di fronte la fama criminale dell’ex collaboratore di giustizia e i modi duri dei suoi uomini, con una assoggettamento ritenuto mafioso dalla Dda di Roma. Un gruppo ritenuto particolarmente pericoloso, che aveva accesso a depositi armi, anche da guerra, ed esplosivi.