Orali a porte chiuse, concorso annullato alla Asl di Pescara

Il Consiglio di Stato condanna la Asl dopo la denuncia di due candidati esclusi e ordina di ripetere le prove

PESCARA. Un concorso della Asl di Pescara annullato, prima dal Tar e poi dal Consiglio di Stato, perché gli orali si sono svolti a porte chiuse, con il divieto imposto ai candidati di assistere alle prove degli altri: «Dovete restare nell’aula verde fino a quando non sarete chiamati», questo l’ordine del presidente della commissione. Ora, le sentenze impongono alla Asl – condannata a pagare anche tremila euro di spese legali – di ripetere gli orali di tutti i candidati che hanno superato le prove scritte e pratiche. Il fatto è che, dopo i due posti da collaboratori amministrativi a tempo indeterminato messi in palio con il concorso del 2012, di assunzioni ne sono state fatte altre 10 attraverso lo scorrimento della graduatoria. Così le sentenze sono un ritorno al passato per la Asl e i candidati vincitori della lotteria del posto pubblico, un po’ come nel film «Immaturi» con i protagonisti costretti a rifare l’esame di maturità.

Primo ricorso: beffa orali. Tutto è cominciato a inizio 2013 quando due candidati, promossi alle prove scritte e pratiche ma bocciati a quelle orali, si sono rivolti al Tar di Pescara denunciando che «le prove orali si erano svolte senza consentire ai candidati – e di fatto al pubblico – di assistervi». Il Tar ha annullato il concorso e ordinato alla Asl di ripetere gli orali.

«Concorso illegittimo». Poi, la questione è passata al Consiglio di Stato che ha bocciato ancora il percorso seguito dalla Asl: «Le modalità di svolgimento della prova in questione non possono non ritenersi illegittime», scrivono i massimi giudici amministrativi, «alla stregua delle più basilari regole di trasparenza, imparzialità e buon andamento da osservarsi secondo le quali “le prove orali devono svolgersi in un’aula aperta al pubblico, di capienza idonea ad assicurare la massima partecipazione”». Per il Consiglio di Stato, il concorso della Asl ha avuto il vizio della mancata trasparenza.

Candidati in causa. In sede di appello, il ricorso si è allargato: oltre ai due ricorrenti, Daria Rapino e Mario Mammarella, difesi dagli avvocati Dario Rapino e Maria Pina Benedetti, e alla Asl, assistita dal legale Stefano Rossi, sono diventati parti in causa anche altri 12 candidati, difesi dagli avvocati Giulio Cerceo, Manuel De Monte, Laura Di Tillio, Tommaso Marchese e Pierluigi De Nardis.

«Orali pubblici e controlli». I punti fermi del Consiglio di Stato sono che gli orali devono essere pubblici – aperti «non solo a terzi estranei, bensì pure e soprattutto ai candidati, sia che abbiano già sostenuto il colloquio, sia che non vi siano stati ancora sottoposti» – e che tutti i candidati hanno il diritto di controllare: «Ciascun candidato è titolare di un interesse qualificato a presenziare alle prove degli altri, ivi compresa l’estrazione a sorte dei quesiti, al fine di verificare di persona il corretto operare della commissione e l’assenza di parzialità nei propri confronti».

«Tesi Asl non regge». Gli altri candidati e la Asl hanno sostenuto che «all’aula d’esame non era interdetto l’accesso a soggetti diversi dai commissari e dal candidato da valutare». Ma, per i giudici, «che la garanzia sia stata limitata ai concorrenti già escussi per evitare che gli altri potessero ascoltare le domande e le risposte, stante l’esiguità dei quesiti formulati dalla commissione, è argomentazione che non regge. Le materie d’esame erano così vaste (diritto amministrativo, legislazione sanitaria, organizzazione delle aziende sanitarie, responsabilità dei pubblici dipendenti e tutela della privacy, informatica, inglese o francese) che ben consentivano l’articolazione di un numero conveniente di quesiti tale da consentire di sottoporre domande sempre variate e di equivalente difficoltà tecnica».

©RIPRODUZIONE RISERVATA