VITTIME DELLA BUROCRAZIA
«Paghi i 36 euro», ma è morto da 4 anni
L’Asl di Chieti chiede il saldo di un ticket a Michael Narducci, 18 anni, scomparso in un incidente. La madre: non c’è rispetto
PESCARA. Sei anni fa Michael Narducci ebbe un incidente stradale con la moto a Scafa. Aveva sedici anni ed era il 12 maggio 2011. L'urto contro un auto gli procurò danni considerevoli in alcune parti del corpo. Fu costretto a ricorrere alle cure dell'ospedale Santa Annunziata di Chieti. Ma dopo la visita al pronto soccorso, rifiutò il ricovero e chiese alla madre di tornare a casa. Il giorno dopo, invece, si sentì di nuovo male e tornò in ospedale questa volta per farsi ricoverare. Sei anni dopo, la mamma, Marina Di Zio, residente ad Alanno, riceve il bollettino di pagamento della prestazione, 36.15 centesimi, intestato al figlio e recante la data relativa alla prestazione, il 13 maggio 2011. Solo che Michael non c'è più da 3 anni e mezzo. Da quando, il 18 gennaio 2014, un furgone gli tagliò la strada a pochi metri da casa. Le ferite di un dolore mai sopito, si riaprono anche per Vincenzo Narducci, il padre dell'adolescente scomparso che ogni anno organizza due memorial, uno sportivo e l'altro canoro, per tenere vivo il ricordo del figlio ( studente dell'ultimo anno al Luigi Savoia di Chieti) che sognava di diventare un rapper.
«Non pagherò quel bollettino», è lo sfogo della madre del ragazzo, che non ha mai smesso di vivere la sua vita come se il figlio fosse ancora vivo, «voglio che nessuno mai più debba sopportare uno strazio come questo. Gli ospedali dovrebbero essere collegati con le anagrafi comunali per conoscere in tempo reale i decessi ed evitare di inviare i pagamenti ai morti. Mi sono informata, la prestazione non si paga quando c'è un ricovero e mio figlio è stato ricoverato proprio il 13 maggio 2011. E poi non capisco perché abbiano impiegato sei anni per richiedere l'addebito». Alla signora Di Zio risponde il direttore generale dell'ospedale teatino, Pasquale Flacco. «Con molto rispetto per il dolore di questa madre e per il defunto», chiarisce Flacco, «devo, però, comunicare che noi abbiamo rispettato la legge. In ogni caso, ho dato disposizione agli amministrativi di capire come mai l'addebito sia stato inviato con sei anni di ritardo. Solitamente la tempistica per ricevere il bollettino si attesta sui sei mesi, un anno. Posso affermare con certezza che il ritardo non è stata una manchevolezza nei confronti della famiglia, l'unico fallo è stata la tempistica».
Sarebbe possibile un collegamento informatico tra l'ospedale e le anagrafi comunali per evitare casi analoghi in futuro? «Molto improbabile. Facciamo 70mila prestazioni l'anno solo in pronto soccorso. Far controllare ogni prestazione per verificare i decessi significherebbe allungare di anni i tempi delle riscossioni. Se sarà accertato che c'è relazione tra la data del ricovero e quella del bollettino, la signora ha diritto a non pagare il dovuto. Deve solo comunicarcelo».
Comunicazione che la Di Zio non ha alcuna intenzione di inoltrare alla Asl di Chieti: «La mia astensione è una battaglia per svegliare le coscienze, per costringere le amministrazioni pubbliche a svecchiare la comunicazione tra enti attraverso l'informatizzazione e una battaglia per il diritto di tutti a non vedersi rinnovato un dolore allucinante per colpa di una burocrazia che funziona male». Conclude Marina Di Zio: «La mia vita si è fermata quel giorno. Vorrei solo realizzare il sogno di Michael che amava scrivere canzoni rap e desiderava incidere un cd. Ho contattato anche Maria De Filippi per far conoscere i pezzi di mio figlio e devolvere il ricavato in beneficenza».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
«Non pagherò quel bollettino», è lo sfogo della madre del ragazzo, che non ha mai smesso di vivere la sua vita come se il figlio fosse ancora vivo, «voglio che nessuno mai più debba sopportare uno strazio come questo. Gli ospedali dovrebbero essere collegati con le anagrafi comunali per conoscere in tempo reale i decessi ed evitare di inviare i pagamenti ai morti. Mi sono informata, la prestazione non si paga quando c'è un ricovero e mio figlio è stato ricoverato proprio il 13 maggio 2011. E poi non capisco perché abbiano impiegato sei anni per richiedere l'addebito». Alla signora Di Zio risponde il direttore generale dell'ospedale teatino, Pasquale Flacco. «Con molto rispetto per il dolore di questa madre e per il defunto», chiarisce Flacco, «devo, però, comunicare che noi abbiamo rispettato la legge. In ogni caso, ho dato disposizione agli amministrativi di capire come mai l'addebito sia stato inviato con sei anni di ritardo. Solitamente la tempistica per ricevere il bollettino si attesta sui sei mesi, un anno. Posso affermare con certezza che il ritardo non è stata una manchevolezza nei confronti della famiglia, l'unico fallo è stata la tempistica».
Sarebbe possibile un collegamento informatico tra l'ospedale e le anagrafi comunali per evitare casi analoghi in futuro? «Molto improbabile. Facciamo 70mila prestazioni l'anno solo in pronto soccorso. Far controllare ogni prestazione per verificare i decessi significherebbe allungare di anni i tempi delle riscossioni. Se sarà accertato che c'è relazione tra la data del ricovero e quella del bollettino, la signora ha diritto a non pagare il dovuto. Deve solo comunicarcelo».
Comunicazione che la Di Zio non ha alcuna intenzione di inoltrare alla Asl di Chieti: «La mia astensione è una battaglia per svegliare le coscienze, per costringere le amministrazioni pubbliche a svecchiare la comunicazione tra enti attraverso l'informatizzazione e una battaglia per il diritto di tutti a non vedersi rinnovato un dolore allucinante per colpa di una burocrazia che funziona male». Conclude Marina Di Zio: «La mia vita si è fermata quel giorno. Vorrei solo realizzare il sogno di Michael che amava scrivere canzoni rap e desiderava incidere un cd. Ho contattato anche Maria De Filippi per far conoscere i pezzi di mio figlio e devolvere il ricavato in beneficenza».
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