ABRUZZO

Patrimonio dell’umanità: Faggete, ma non solo 

Le grandi bellezze della nostra regione: dopo la decisione dell’Unesco, in lizza anche trabocchi, eremi celestiniani, Perdonanza, serpari di Cocullo...

L’AQUILA. Gli esemplari più antichi hanno quasi seicento anni. Erano lì quando il Medioevo cedeva il passo al Rinascimento, quando Braccio da Montone assediava L’Aquila, e il regno di Napoli, dopo la morte di Giovanna, ultima regina angioina, veniva dilaniato da una lunga crisi dinastica. Le faggete vetuste del Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, hanno attraversato i secoli e la storia, e ora è giunto il riconoscimento dell’Unesco che le ha elevate al rango di patrimonio dell’umanità. Sono 937 gli ettari abruzzesi di “Beech Forests - Joint Heritage of Europe”, suddivisi in 5 nuclei di faggeta che regalano all’Abruzzo la prima “medaglia” dell’Unesco. I faggi di Coppo Morto, nella zona di Pescasseroli, quelli della Val Cervara (a Villavallelonga), di Lecce dei Marsi e Opi, quello del Pontone (Villetta Barrea), con i suoi 21 metri di altezza e 8 di circonferenza, sono un patrimonio naturalistico di importanza eccezionale, e per secoli hanno rappresentato l’habitat ideale per molte specie rare.

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Qualche tempo fa l’Università della Tuscia, studiando le faggete, aveva messo in guardia dai cambiamenti climatici: la longevità degli alberi, secondo i ricercatori, è una caratteristica legata al freddo. Ogni volta che la temperatura aumenta di un grado, secondo i ricercatori, la longevità degli alberi diminuisce di 23 anni. Una scoperta che conferma come l’aumento globale delle temperature stia provocando seri danni alle foreste, non solo italiane. E presto, nell’elenco dell’Unesco alle faggete vetuste, potrebbero aggiungersi altri siti ed emergenze abruzzesi. Sì, perché lo scorso maggio è stata presentata la candidatura della Perdonanza Celestiniana a patrimonio immateriale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura. Una delegazione abruzzese, infatti, ha incontrato il ministro dei beni e le attività culturali per avviare le procedure ed ha consegnato il dossier curato dal professor Ernesto Di Renzo, in attesa che la commissione faccia le opportune valutazioni. Per il momento, si sa che la Commissione nazionale italiana Unesco ha inviato la candidatura della Perdonanza celestiniana per l'iscrizione. L’iter dovrebbe concludersi nel 2018.Lo scorso anno, invece, ha preso ufficialmente il via il percorso per il chiedere riconoscimento di “Eremi per l’Unesco”. La candidatura è giunta nel corso di un convegno che si è svolto a Pescara, sugli eremi celestiniani e rupestri della Maiella e del Morrone, dove si rifugiò Pietro Angelerio prima di essere eletto papa col nome di Celestino V. Ed è sempre dell’anno scorso la proposta lanciata dal presidente della Regione, Luciano D’Alfonso, di chiedere il riconoscimento anche per il rito dei serpari di Cocullo, il piccolo centro della Valle del Sagittario, dove ogni primo maggio la statua di san Domenico viene portata in processione con i serpenti. In paese erano state allestite diverse postazioni per raccogliere le firme. Il rito, per D’Alfonso, unico e irripetibile altrove, ha tutte le caratteristiche affinché venga riconosciuto come patrimonio immateriale dell'Unesco. Andando ancora più indietro nel tempo, nel 2014 Walter Mazzitti, ex presidente del Parco nazionale del Gran Sasso, aveva annunciato l’avvio di iniziative finalizzate a ottenere il prestigioso riconoscimento anche per la montagna simbolo dell’Abruzzo e dell’intero Appennino centrale. Mazzitti, con l’associazione “Amici del Gran Sasso”, aveva ipotizzato la costituzione di comitato scientifico al quale affidare il compito di elaborare la proposta da allegare a supporto della candidatura. L’obiettivo era quello di valorizzare la montagna, il suo eco-sistema, ma far sì che diventasse un luogo identitario per valorizzare la green economy, strumento attraverso il quale pensare al futuro. Tempo ce n’è, perché gli Stati membri ogni cinque anni compilano la propria lista. Il compito di inoltrare le domande spetta alle amministrazioni competenti nella gestione del sito che si intende proporre. Possono essere i sindaci, gli enti parco, le sovrintendenze, a patto che ogni richiesta sia ben motivata da un accurato dossier.