Beniamino Di Renzo, Paolo Rave e Davide D'Antonio, i tre arrestati

Pescara, colpo grosso alle Naiadi: arrestato l’ex custode 

In tre ai domiciliari: Beniamino Di Renzo avrebbe aiutato Rave e D’Antonio. Ma non c’è più traccia dei 70mila euro rubati dalla cassaforte nella notte tra l’8 e il 9 dicembre scorsi

PESCARA. Dei 70mila euro non c’è più traccia, ma sono stati arrestati i tre presunti responsabili del furto della cassaforte delle Naiadi avvenuto lo scorso dicembre. Sono l’ex custode del centro sportivo Beniamino Di Renzo, 48 anni di Lanciano, che nulla ha a che fare con Luciano Di Renzo, ex amministratore della Progetto sport che gestisce le Naiadi; Paolo Rave, 37 anni, originario di Ortona e residente a Pescara, e il pescarese di 49 anni Davide D’Antonio.
Nei loro confronti il gip Elio Bongrazio ha disposto gli arresti domiciliari su richiesta del pm Salvatore Campochiaro che pure aveva chiesto la custodia cautelare in carcere sulla scorta di quanto ricostruito dalla Mobile diretta da Pierfrancesco Muriana. A dare il via alle indagini è stata la denuncia presentata dal legale rappresentante della Progetto sport Gestione impianti, Vincenzo Serraiocco, dopo che la mattina del 9 dicembre viene avvisato del furto di una delle tre cassaforti della struttura, quella agganciata al pavimento della reception. Aveva dato l’allarme l’addetta alle pulizie che all’alba di quel sabato mattina, riferiva anche che l’allarme era disinserito, diversamente da quanto assicurato dal custode Di Renzo al capo del personale. Un primo sospetto, nei confronti del custode, a cui si aggiunge la circostanza, notata dallo stesso Serraiocco, che la telecamera esterna delle Naiadi, normalmente puntata verso la stanza di Beniamino Di Renzo, quel giorno era abbassata. I sospetti lievitano quando il custode si dà malato e non si presenta più al lavoro. E a casa sua si presenta la polizia.
Di fronte alla perquisizione degli investigatori Di Renzo, assistito dal suo legale, decide di parlare. E in parte ammettendo, in parte ridimensionando il suo ruolo, fa subito un nome, quello di Paolo Rave. Di Renzo racconta che l’estate prima Rave gli aveva chiesto se c’erano delle casseforti alle Naiadi e che poi, avuta la conferma, a mezzanotte e mezza del 9 dicembre lo aveva chiamato comunicandogli che stava ribando le casseforti, e che la mattina successiva gli avrebbe dato 500 euro per ricompensa.
Un racconto che non convince la Mobile che però va a casa di Rave. E Rave non solo ammette subito il furto, mettendoci dentro anche Di Renzo, ma davanti al suo avvocato fa anche un terzo nome. Quello di Davide D’Antonio. Il conoscente a cui Rave dice di essersi rivolto quando, dopo il sopralluogo con Di Renzo alle Naiadi l’8 dicembre, quando ruba 200 euro dalla cassaforte del bar, si rende conto che la cassaforte della reception è arpionata a terra. E chiede aiuto a D’Antonio. Rave racconta che quel giorno si incontrano alla vecchia stazione. Lui, Di Renzo e un altro inserviente delle Naiadi su cui però non è mai emerso alcun riscontro investigativo. Da lì, su una 500 L, raggiungono le Naiadi dove, riferisce Rave, Di Renzo gli aveva assicurato che avrebbero potuto agire indisturbati fino all’arrivo della donna delle pulizie la mattina seguente. E il colpo ha inizio.
Secondo quanto ricostruiscono gli investigatori, a mezzanotte e mezza del 9 dicembre Rave e D’Antonio rompono il lucchetto di un cancelletto che ridà sulla pineta, entrano nella struttura che ha l’allarme disinserito e con un piede di porco lungo circa un metro sradicano la cassaforte. Con un carrellino procurato da Di Renzo i due caricano la cassaforte sulla Smart di D’Antonio e vanno a nasconderla in una baracca a Santa Teresa di Spoltore, in via Rastelli. E il giorno dopo tornano a dividersi la refurtiva in parti uguali, dopo aver dato 1.500 euro a testa a Di Renzo. Nel tirare in ballo D’Antonio, Rave lo indica in foto ai poliziotti che il 3 gennaio lo fermano per un controllo. Nella 500 L gli trovano mezzo grammo di cocaina, a casa tre proiettili calibro 38 special e, in cortile, un piede di porco. I tabulati telefonici svelano il resto. E cioè che la notte del furto ci sono contatti telefonici frequenti tra gli indagati, mentre le celle agganciate risultano compatibili con quelle limitrofe alle Naiadi. Viene ritrovata anche la cassaforte, vuota, in una zona compatibile al ponte radio dell’area tra Caprara e Villa Santa Maria impegnato dalla telefonata tra Rave e D’Antonio alle 9,41 del 9 dicembre, la mattina dopo il furto. Quanto basta al giudice per disporre gli arresti. Ai domiciliari perché Rave e Di Renzo collaborano e perché D’Antonio ha sì qualche precedente, ma non recenti.